king_creosote_astronaut_meets_applemanKING CREOSOTE – Astronaut Meets Appleman
(Domino, 2016)

Non sta fermo un attimo, come sempre, Kenny Anderson, anche ora che ha ormai proiettato il suo alter-ego King Creosote a una dimensione maggiore rispetto a quella abituale dell’artigianato cantautorale; da poco reduce dalla pubblicazione dell’epistolario con Michael Johnston (“The Bound Of The Red Deer”) eccolo tornare con una nuova raccolta di canzoni, destinata a segnare la sua nuova tappa creativa solitaria, due anni dopo “From Scotland With Love”. Nei nove brani di “Astronaut Meets Appleman” sono condensati tutti i caratteri dell’artista scozzese, dal lirismo folk all’incessante ricerca di un’apertura del suo songwriting a una varietà di soluzioni sonore, tutte comunque pienamente coerenti con le proprie radici personali, rispecchiate da ambientazioni che ogni volta suggeriscono immagini di una terra aspra, desolata, intrisa dei sentori salmastri del profondo nord.

Registrato in tre diverse sedi tra Irlanda e Scozia, “Astronaut Meets Appleman” rispecchia appieno la vitalità creativa di Kenny Anderson, nell’occasione affiancato non solo dalla sua band abituale ma anche da una piccola orchestra di archi, arpa e cornamuse. Date tali premesse, il lavoro comprende più di un passaggio sbarazzino, dalle ritmiche assolate (“Melin Wynt”) e dalla vena pop pronunciata e intrisa di ironica (“Love Life”), che rispecchiano la volontà dell’artista scozzese di fornire un’immagine di sé più giovane e brillante, non certo per ragioni esteriori ma in piena coerenza con l’incessante rinnovamento del suo songwriting.

A lasciarsi apprezzare nella sua ispirazione più limpida resta, tuttavia, il King Creosote delle ballate dal tono vagamente lamentoso, dense di armonie che cullano con dolcezza, ovattando il beccheggio delle onde del mare del nord, ma al tempo stesso amplificandone il romanticismo, attraverso ariosi arrangiamenti orchestrali (“You Just Want”, “Faux Call”, “Rules Of Engagement”). Sono questi ultimi, ancora una volta, a definire atmosfere vaporose, che dotano gran parte dei brani della cornice ambientale alla quale Anderson è tanto intimamente legato da non mancare di offrirne un breve scorcio in purezza, nello strumentale “Peter Rabbit Tea”, una sorta di carillon ipnotico scandito dalla voce giocosa della sua bambina.

Affetti privati e legami con il territorio continuano dunque a fungere da carburante per l’inesauribile ispirazione di King Creosote, della quale “Astronaut Meets Appleman” offre un nuovo saggio dotato di tutti i caratteri che ne hanno informato l’intera produzione, collocata in luogo piacevolmente indefinito tra rigenerazione della tradizione e personalità poetica attuale.

http://www.kingcreosote.com/

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