SÓLEY – We Sink
(Morr, 2011)

Non poteva che essere la Morr Music – ormai consolidato avamposto islandese sul continente – a ospitare il debutto di Sóley Stefánsdóttir, polistrumentista del collettivo Seabear e seconda sua componente a intraprendere un percorso solista, dopo il leader Sindri Már Sigfússon.

Originariamente formatasi come pianista, Sóley si è solo in seguito scoperta cantante, offrendo le prime tracce di sé nell’eterogeneo Ep di sei brani “Theater Island”, pubblicato a inizio 2010, e adesso succeduto da un album vero e proprio, nel quale trovano espressione le molteplici sfaccettature della sua personalità artistica.

Nelle tredici tracce di “We Sink”, Sóley dimostra una ricercata sensibilità pop, di volta in volta incanalata in semplici ballate al piano, in lontane reminiscenze della coralità folk del collettivo d’origine e soprattutto in più articolati rimaneggiamenti in chiave elettronica o elettro-acustica.

La spiccata connotazione geografica, ormai consueta per gran parte della musica proveniente dall’Islanda, ricorre nelle canzoni di Sóley non solo attraverso le sfumature nordiche della sua pronuncia inglese e la delicatezza di melodie chiaroscurali, ma anche nell’immaginario al quale fanno riferimento i suoi testi, ricchi di simbologie naturalistiche e di quell’epos isolazionista che solo chi ha assorbito la tradizione di un luogo così particolare può interpretare con la necessaria spontaneità.

Testimonianza ne è la stessa metafora dell’affondamento, prescelta per il titolo del disco e per il brano d’apertura, che evoca l’ancestrale rapporto degli islandesi con l’oceano ma che qui sta piuttosto a simboleggiare un naufragio sentimentale, pennellato in maniera sottile in ambientazioni misteriose e nostalgiche, così come in danze oblique e sinuose cadenze ritmiche.

L’impronta tipica islandese ricorre dunque di tutta evidenza nelle andature beccheggianti di brani quali “I’ll Drown” e “Pretty Face”, mentre reminiscenze folk affiorano nella vivacità acustica del singolo “Smashed Birds” e della gioiosa “Dance”. L’essenza di “We Sink” risulta però equamente ripartita tra ballate pianistiche, che svelano l’attitudine istintiva dell’artista islandese per questo strumento, e inserti elettronici che ne evidenziano la volontà di arricchire di nuovi elementi il registro espressivo già padroneggiato all’interno del collettivo Seabear.

Pur ritenendo apprezzabile quest’ultimo tentativo, la scissione tra le due anime del disco risulta assai netta, anche in termini di riuscita; se infatti la fluidità di essenziali armonie pianistiche – al più percorse da esili detriti sonori elettro-acustici – regala il notturno intimismo delle già edite “Blue Leaves” e “Kill The Clown”, ammantandosi poi di accenti soulful e romantici in “About Your Funeral” e “The Sun Is Going Down II”, ben più incerte appaiono le trasposizioni electro/trip-hop di “And Leave” e, in generale, un po’ tutti i passaggi del disco nei quali prendono il sopravvento effetti e drum machine.

Nonostante tali perplessità su alcune opzioni stilistiche, “We Sink” va comunque salutato come un debutto nel complesso pregevole, che mostra un’artista completa e in grado di muovere i propri passi in completa autonomia, scoprendosi autrice e interprete raffinata, oltre che dotata polistrumentista. In attesa che Sóley metta ulteriormente a fuoco la sua personalità artistica, non resta che contemplare le delicate tinte autunnali di “We Sink”: per incalliti amanti dell’Islanda, ma non solo.

(pubblicato su ondarock.it)

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