MEMORYHOUSE – The Years E.P.
(Sub Pop, 2011)
Probabilmente sulla scia del successo dei “suoi” Beach House, la Sub Pop si sta dimostrando particolarmente sensibile alla sempre più diffusa riscoperta di dilatate sonorità dream-pop.
Prova ne è il recente ingresso nel suo roster di due delle band che negli ultimi mesi hanno richiamato su di sé l’attenzione dei “ricercatori” di musica in rete attraverso gli strumenti di video o streaming (ormai eredi moderni dei vecchi demo e 45 giri): gli inglesi Still Corners, che licenzieranno a ottobre il loro atteso album di debutto e il duo canadese Memoryhouse, formato dal compositore Evan Abeele e dalla cantante Denise Nouvion, invero già autore di un paio di singoli, tra digitali e fisici, negli ultimi due anni.
Ed è proprio una versione riveduta e ampliata del loro Ep “The Years” a essere adesso licenziata dalla prestigiosa etichetta di Seattle; rispetto alla precedente versione, pubblicata a inizio 2010, l’attuale Ep vede l’aggiunta di due brani, in luogo di un interludio strumentale, mentre anche i tre pezzi comuni sono stati registrati ex novo.
Da questo processo di aggiunta, sottrazione e rimaneggiamento, risultano poco meno di venti minuti di languori sognanti, che scolorano le originarie tendenze shoegaze del duo (invero più riscontrabile nell’attitudine che non nel suono) in una sorta di ambient-pop visionario, che coniuga il copioso utilizzo di filtraggi, effetti, campionamenti e sonorità sintetiche con un’onirica indole pop, costellata di dolcezze eteree.
Se in effetti l’opener “Sleep Patterns” può inizialmente far balenare proprio il ricordo dei Beach House, il progressivo rallentamento di tempi e le pulsazioni sfumati della drum machine inducono una coltre narcolettica sulla quale la celestiale voce della Nouvion dispiega melodie impalpabili, che sanno di penombra e di rugiada.
Ancora più lenta e cullante la successiva “Lately”, i cui riverberi finissimi e gli archi filtrati inducono una quiete ovattata, plasmando sensazioni preziose e visionarie, come se si trattasse di una ulteriore rarefazione dell’incanto dei Cocteau Twins. E proprio l’indimenticabile band capitanata da Liz Fraser si staglia quale icona del duo canadese nel binomio “Modern, Normal”-“To The Lighthouse”, la prima vivacizzata da tastiere liquide e battiti sintetici, la seconda avvinta in un bozzolo di fragile nostalgia.
Infine, i due minuti di “Quiet America” chiudono la nuova versione di “The Years” sancendo una transizione slow-core, che definisce i Memoryhouse come assai distanti dai prevalenti revival wave e piuttosto intesi a creare una propria formula slow-dream-pop.
In tal senso, “The Years” segna una sorta di promettente “secondo debutto” per un duo in possesso di tutte le potenzialità per regalare ulteriori carezze con la sua declinazione sensuale ed eterea di canzoni sospese tra terra e cielo, tra dolci malinconie e sogni a occhi aperti.
(pubblicato su ondarock.it)