JBM – Not Even In July
(Jbm Music, 2009)

A volte un film o una canzone possono cambiare la vita.
Suonerà banale, ma è proprio quello che è successo a Jesse B. Marchant, titolare dell’acronimo JBM, scopertosi cantautore dopo aver interpretato “Love In A Dangerous Time” di Bruce Cockburn per la colonna sonora dell’omonimo film che lo vedeva impegnato in qualità di attore.
Sì, perché prima di quell’episodio, l’attività artistica di Marchant – originario di Montreal e in seguito trasferitosi a Los Angeles – si era esplicata esclusivamente in ambito cinematografico, ove aveva interpretato diverse pellicole del circuito indipendente e aveva persino svolto il ruolo di controfigura di George Clooney per uno spot televisivo.

Dopo quel film, Marchant lascia la California per New York, ove, con l’ausilio di pochi altri musicisti e sotto la supervisione di Henry Hirsch, realizza “Not Even In July”, album di debutto della sua seconda vita artistica.
Parimenti debitore nei confronti del songwriting più classico (Dylan) e dell’intimismo crepuscolare di Mark Kozelek, nelle sue canzoni Marchant esprime senza remore una fragile partecipazione emotiva, che trova veicolo privilegiato d’espressione proprio attraverso cadenze dilatate e un’interpretazione morbida e fortemente evocativa.
Per attenersi a paragoni recenti, analogie in sede interpretativa possono cogliersi con la levità contemplativa di uno John Shannon, mentre le atmosfere scarne e avvolgenti possono rimandare al passo altrettanto rallentato di alcune canzoni di Rivulets.

Ben poco, invece, delle ricorrenti radici alt-country è dato riscontrare nella musica di Marchant, che non a caso introduce l’album con uno strumentale romantico costituito da poche note acustiche supportate da archi compassati e con la latente malinconia di una canzone suonata in punta di dita, che già rende alla perfezione l’idea di una poetica filtrata attraverso il ricordo e pennellata da uno spirito dolente ma al tempo stesso sereno.
Anche quando i brani si fanno (relativamente) più veloci e strutturati, permane sempre il senso di incantata mitezza che promana dalla voce di Marchant, quasi invariabilmente improntato a un registro dolcemente austero e incurante dei più torbidi crescendo presenti ad esempio in “July On The Sound” e “Friends For Fireworks”, ove a un substrato degno dell’ispirato Jason Molina di “Lioness” o “Axxess & Ace” si sovrappongono melodie soffuse e arrangiamenti romantici.

La maggiore ricchezza di elementi conseguita nel corso dell’album confeziona gradualmente vere e proprie ballate, dalle quali si evince una notevole versatilità di scrittura e l’abilità dell’artista canadese nel trovarsi a proprio agio in contesti tra loro parzialmente diversi. Si sente, tuttavia, in maniera distinta come il suo spettro compositivo non si discosti più di tanto dalle scheletriche note di chitarra acustica che connotano brani di toccante sensibilità quali ”Cleo’s Song”, “Going Back Home” e la conclusiva “Swallowing Daggers”. Altrove, sulla medesima falsariga, sono soltanto inseriti ulteriori elementi (il pianoforte di “Red October”, l’armonica di “In A Different Time”), ma il nucleo pulsante dell’evocativo cantautorato di Marchant risiede tutto nella sincerità scarna e a tratti ancora un po’ acerba riposta nel suo modo di suonare la chitarra e nelle sue imperturbabili interpretazioni.

(pubblicato su ondarock.it)

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