GLEN JOHNSON – Institutionalized
(Secret Furry Hole, 2009)
Se la pubblicazione dell’ultimo Ep di Piano Magic e del suo primo album “solista” per Make Mine Music testimoniavano già una scelta in qualche misura ideologica e del tutto svincolata da logiche commerciali, questa volta Glen Johnson estremizza ancor di più la sua autonomia creativa con un lavoro di disponibilità e possibilità di fruizione limitatissime, che inoltre rappresenta un attestato di legame con il nostro Paese e consonanza artistica con una sua importante espressione.
Le cinque tracce comprese nell’Ep “Institutionalized” sono infatti state pubblicate soltanto su cassetta, nella rigorosa tiratura di cento copie dalla micro-label Super Furry Hole, che fa capo, tra gli altri, a Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò.
Se la forma è del tutto peculiare, il contenuto dell’Ep mostra un legame strettissimo con l’album “Details Not Recorded”, poiché si tratta di brani realizzati nel corso delle medesime sessioni di registrazione e qui raccolti in un’opera unitaria, ispirata da un’esperienza personale di Johnson che all’incirca in quel periodo si era trovato a visitare l’ospedale londinese di Whitechapel, nel quale alla fine del diciannovesimo secolo era stato internato Joseph Carey Merrick, l’”Elephant Man” del capolavoro di David Lynch.
In coerenza con il suo particolare interesse per l’epoca vittoriana e col fascino sinistro che il personaggio di Merrick aveva sempre suscitato in lui, Glen Johnson gli dedica idealmente questo “Istituzionalized”, breve saggio di atmosfere al solito spettrali, che è difficile non collegare a quelle di ambienti di tetra e asettica austerità, eppure intrise di un senso di profonda e umana compassione.
Non è certo un caso che i brani presentino un comune denominatore inquieto e straniante, concretizzato da sonorità non meramente descrittive ma a tratti persino laceranti, come nel caso dell’enfasi distorsiva e degli angosciosi vortici sintetici dell’iniziale “Kill You”. “Ageing” e “I Can’t Help It” recuperano invece attraverso sospensioni temporali la falsariga acustica dell’album, altresì confermata dall’inquieta staticità di “Come Back”, ma è nella splendida cover di “Secret Girl” dei Sonic Youth che riaffiorano distorsioni brulicanti sotto una superficie sospesa e ossessiva, nella quale lo stesso pianoforte suonato da Angéle David-Guillou appare trasfigurato in quello che rappresenta un allucinato omaggio a “Evol” e un evidente ponte tra modalità espressive tra loro diverse ma niente affatto estranee.
È questo, in fondo, il significato ultimo di questa piccola produzione, ben più che quello della classica raccolta di outtakes buona per tener viva l’attenzione. Anche perché formato e limitatezza dell’edizione possono far pensare a tutto fuorché a un’operazione studiata a tavolino, attestando piuttosto proprio con la loro preziosa inaccessibilità la passione dell’artista e la coerenza di un percorso pur in perenne mutazione.
(pubblicato su ondarock.it)