dal vivo: BEACH HOUSE

Roma, Circolo degli Artisti, 14 luglio 2010

Lodevole iniziativa, quella del Circolo degli Artisti, di proseguire la programmazione indoor anche nei mesi estivi, così adeguando le attività dei locali romani a quelli delle maggiori città europee. Nasce così l’idea di un’intensiva rassegna denominata “Frigidaire Sonori”, che nel concerto dei Beach House ha visto uno dei gli eventi più attesi, anche in considerazione del fatto che si è trattato del ritorno della band americana a due anni di distanza dalla loro ultima esibizione romana e, soprattutto, dopo la pubblicazione di “Teen Dream”, album che li ha ulteriormente lanciati nell’empireo dei gruppi indipendenti più conosciuti e apprezzati.

Come ampiamente prevedibile, l’ora abbondante del set offerto dal trio si è incentrata in larga parte sul disco più recente, suonato quasi nella sua interezza, con giusto un paio di concessioni a recuperi dai due lavori precedenti, rispolverati in alcuni dei loro pezzi forti quali “Gila”, “Heart Of Chambers” e “Master Of None”. Dapprima distaccati e silenti, i tre sul palco acquistano man mano verve e voglia di condivisione, ormai ben consapevoli delle proprie capacità e di un suono, pur inevitabilmente meno denso rispetto a quanto offerto su disco, ma gestito con grande padronanza nei dialoghi tra la chitarra di Alex Scully e le tastiere di Victoria Legrand. È lei al centro del palco, ed è lei a rivestire il ruolo di protagonista, al tempo stesso musa eterea e sirena incantatrice con le sue modulazioni vocali ora oniricamente sfuggenti, ora profonde ed espressive.

Prima ieratica e quasi immobile nel suo solenne batter di tasti (da lontano, quasi una Mimi Parker in versione freak-dreamy), la Legrand si lascia andare gradualmente, roteando sovente la consistente mole della sua capigliatura slegata e intraprendendo accenni di dialogo col pubblico, mentre si susseguono in sequenza i pezzi forti di “Teen Dream”, dalle frizzanti pulsioni di “Used To Be”, ai vocalizzi insistiti del singolo “Norway”, passando per gli scorci degni dei Cocteau Twins di “Walk In The Park” e i luminosi rilanci armonici della splendida “Silver Soul”.
Nonostante la temperatura ormai ben oltre livelli tropicali, la performance è tutto una sintonia in crescendo tra i musicisti sul palco e un pubblico stremato ma entusiasta dell’equilibrio conseguito dal suono della band tra pezzi vecchi e nuovi, tra brani “tirati” e passaggi più lenti; se infatti i primi possono aver risentito della minore ricchezza sonora consentita dalla dimensione live, i secondi finiscono spesso per esserne esaltati, ricavando convincente efficacia da declamazioni calibrate, ritmiche decise e da una generale maggiore facilità d’impatto delle versioni proposte (è il caso di “Astronaut” e “Take Care”).

Quando si accendono le luci dopo la cavalcata interstellare di “10 Miles Stereo”, resta la sensazione di un live privo di picchi particolarmente esaltanti, ma senz’altro onesta rappresentazione dello stato attuale di una band la cui crescita non può ancora dirsi esaurita, così come testimonia l’affluenza del pubblico, nonostante la bollente serata del luglio romano, fuori e soprattutto dentro il locale.
Peccato soltanto che la promessa di un agognato refrigerio sia rimasta confinata al titolo della rassegna, anche se come sempre il coinvolgimento della musica dei Beach House è almeno stato in grado di distogliere per un attimo il pensiero dai litri di sudore concentrati in un Circolo degli Artisti in versione sauna. Tanto che alla fine, a rimanere impresso, sarà soprattutto il ringraziamento rivolto al pubblico da parte di Victoria, che ben fotografa la serata: “thanks for sharing our sweat”.

(pubblicato su ondarock.it)

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