PORT-ROYAL – 2000-2010: The Golden Age Of Consumerism
(n5md, 2011)
Dieci anni di attività rappresentano un importante traguardo per una band, che così può consacrare in maniera simbolica un duraturo periodo di creazione artistica; anche per quelle band che dopo tale periodo continuano a guardare avanti, oltrepassare il decennio implica un inevitabile momento di riflessione, nel quale ci si volta indietro a considerare quanto realizzato in un passato ormai di spessore considerevole.
Potrà sembrare banale, ma è proprio quel che avviene per i port-royal, che dieci anni fa muovevano i loro primi passi come band e oggi si sono ormai stabilmente attestati a livello internazionale quali esponenti di punta della musica elettronica italiana. Ma, da sempre orgogliosamente svincolati dalle paludi musicali italiche e poco inclini ad auto-celebrazioni, i port-royal non hanno inteso onorare la ricorrenza con uno dei tanti bolsi best of (provino per credere tutti quelli che storcono la bocca di default di fronte a ogni operazione ricompilativa). “2000-2010: The Golden Age Of Consumerism” è invece un’imponente raccolta di materiale di difficile reperibilità, corredato da un paio di brani inediti, a mo’ di dispensa destinata a integrare, aggiornandola ai più recenti sviluppi, un’ideale cronistoria del percorso della band parallelo ai più noti capisaldi rappresentati dai suoi tre album ufficiali in studio.
Il tutto è racchiuso nei due cd pieni zeppi di musica di “2000-2010: The Golden Age Of Consumerism”, equamente ripartiti tra pezzi originali e remix dalla stessa effettuati su brani di un ventaglio di artisti più o meno noti al grande pubblico e più o meno affini al consolidato profilo della band genovese.
Per somma coerenza, si parte proprio da dove tutto è cominciato, ovvero dai quattro pezzi dell’ormai introvabile “Kraken Ep” (2002), seguendo poi una narrazione diacronica che costeggia per ampi tratti il periodo di “Flares” e “Afraid To Dance” (tra il 2005 e il 2007) fino ad arrivare allo split con Absent Without Leave “Magnitogorsk” (2008, rappresentato dal trittico “Ernst Bloch”, “Agent 008 Codename Littlehorses (Aka The Lazybones)” e “Severnaya”). Si tratta tutt’altro che di materiale di risulta, quanto piuttosto di un compendio di tracce “disperse” tra Ep, collaborazioni e altre pubblicazioni limitate; in linea di massima, questa “produzione parallela” dei port-royal si atteggia come più rilassata e propensa a fascinazioni di carattere ambientale rispetto a quanto espresso in particolare negli ultimi due album.
In tal senso, si possono considerare come conferma – ma non necessariamente come indizi per le scelte venture della band – i tre brani collocati in chiusura del primo cd, che testimoniano i più recenti dispacci in forma di musica provenienti dalla galassia port-royal. Si tratta dell’eterea “Hans Kelsen” (rilasciata nell’ambito di un’interessante compilation dedicata all’elettronica italiana dalla popolare netlabel Lost Children) e di due brani in precedenza inediti, ancorché strettamente legati alle session di “Dying In Time”, ovvero “Electric Tears (Nothing’s Gonna Change)” e una versione “irrobustita” ed estesa fino a oltre undici minuti di quella “Günther Anders” regalata nell’estate dello scorso anno alla raccolta in free download OndaDrops Vol.2.
I ben diciotto rimaneggiamenti di brani altrui racchiusi nel secondo cd offrono invece una nutrita testimonianza dell'”altra faccia della luna” della band genovese, quella che già da tempo si era affrancata dalla “paura di ballare”, attraverso manipolazioni talvolta assai sfrontate e dense pulsazioni elettroniche. Com’è naturale, molto dipende dal tessuto originario sul quale si innesta l’intervento in sede di remix: così, se i brani di Ladytron, Felix Da Housecat, Blown Paper Bags e Illuminated Faces lasciano trasparire tentazioni punk-electro, densi stravolgimenti riguardano in una chiave assai simile riguardano “Hands And Knees” di Dag För Dag e “Long Way Home” di D_rradio. Stratificazioni e rilucenti liquidità da sogno a occhi aperti riaffiorano invece con decisione nelle rivisitazioni dei pezzi di Bitcrush, Televise, Millimetrik e in quella – sorprendente – dei post-rockers campani Il Cielo di Bagdad. Quello che invece non dovrebbe più stupire nessuno è l’assoluta libertà con la quale sono confezionati questi remix, dei quali basta scorrere l’elenco degli artisti per confermare la stima e la considerazione conseguite “sul campo” dai port-royal, dall’Italia al Canada, dalla Russia alla Grecia.
Sarà (forse) la volta buona che, constatando gli oltre dieci anni di attività della band, qualcuno in Italia la smetterà di annoverarla sotto la vacua categoria degli “emergenti”, riconoscendole quel ruolo di tutto rispetto a livello internazionale, per la cui consacrazione una storia decennale e le tante prestigiose frequentazioni rinvenibili lungo i trentatre brani di “2000-2010: The Golden Age Of Consumerism” rappresentano conferma ulteriore, ancorché non decisiva, proprio in ragione di quanto di buono già dimostrato in una carriera già lunga e assai ricca.
(pubblicato su ondarock.it)