BOY & THE ECHO CHOIR – And Night Arrives In One Gigantic Step
(Le Son Du Maquis/Humpty Dumpty, 2010)

A dispetto di quel che potrebbe far pensare il suo alias, Boy è una fanciulla e ha pure una voce molto suadente ed espressiva. Il suo vero nome è Caroline Gabbard, è francese, ma ormai da anni fa stabilmente parte della scena musicale di Bruxelles, fin da quando nel 2004 ha realizzato il suo primo lavoro autoprodotto “Boy’s Book”, pubblicato dalla microlabel belga My Little Cab Records.

Fedele cultrice della filosofia DIY, Caroline ha poi scelto di allargare gradualmente il suo spettro artistico, intraprendendo una serie di progetti collaborativi, tra i quali il principale è senz’altro il delizioso duo lui-lei di folk acustico Tazio & Boy, segnalatosi nel 2007 con l’album “Note-Book” e inoltre artefice di un paio di delicate raccolte di cover.

La crescente esigenza di misurarsi con contesti più complessi e stimolanti del semplice intimismo acustico da cameretta, solitario o in duo che fosse, porta oggi all’apertura di un nuovo capitolo della sua attività, che la vede avvalersi del supporto di una vera e propria band, non a caso formata da musicisti attivi nella scena indipendente belga (Soy Un Caballo, V.O., Major Deluxe), e per la prima volta anche di una produzione professionale, ad opera di Tony Chauvin, già al lavoro con band quali Chevreuil e Mansfield.TYA.
Eppure, non per questo Caroline Gabbard tradisce la sua filosofia artistica, né tanto meno recede dal ruolo di protagonista di un album tutto costruito intorno al velluto vagamente catpoweriano della sua voce e a un’estetica di media fedeltà, nella quale si susseguono liquidi suoni analogici, residui bozzetti acustici, incursioni elettriche e, su tutto, la predominante di un pianoforte cadenzato, che conferisce ad alcuni brani un’inedita tenebrosità notturna, distante giusto un paio di passi dalle spirali allucinate di una Anja Plaschg.

Si tratta però soltanto di brevi incursioni (il piano sordo di “Flower Walk”, l’articolato splendore di “Silence Is Your Song”), perché per il resto “And Night Arrives In One Gigantic Step” si attesta su toni morbidi e raffinati, addirittura giocosi quando i suoni si arricchiscono di puntelli analogici, assumendo uno stampo quasi folktronico (“A Great Sorrow”), ovvero contorni di liquido retrofuturismo, come nell’iniziale “Into The Light”, il cui battito sbilenco potrebbe far pensare ai pezzi in cui Zach Condon si cimenta con qualche pianola impolverata e claudicante.
A completare il quadro delle tante divagazioni offerte dall’album sul suo tessuto di base costituito di pianoforte e voce, vanno poi segnalati il saltuario affacciarsi di screziature elettroniche e di qualche moderato rumorismo (“A Great Sorrow”, “Last Days”), la presenza di misurate aperture orchestrali e corali (con il coro ebbro del finale di “Silent is Your Song” che fa pensare a una declinazione al femminile di quelli di Matt Elliott) e l’improvvisa asprezza elettrica, pur temperata dall’arrangiamento, di “Take Me Home”, che sposta l’affinità con Shannon Wright da quella elegante dell’ultimo “Honeybee Girls” a quella rabbiosa dei primi dischi.

Nonostante i diversi abiti di scena di volta in volta indossati, Caroline Gabbard mostra di trovarsi a proprio agio con la spoglia formula di pianoforte e voce, modellata alternando dolcezza e intensità, gioco e austerità, fino a sfiorare, in “Nina Jane”, gli accenti sognanti di un’ipotetica jam di Kjartan Sveinsson con Cat Power, che (inevitabilmente?) rimane il riferimento più immediato tra i tanti passati in rassegna nel corso dell’album. Proprio l’estrema versatilità di toni, stili e sonorità rappresenta il risultato più ragguardevole per l’artista francese, che in “And Night Arrives In One Gigantic Step” si è messa con successo alla prova con un contesto sonoro ed espressivo decisamente più articolato rispetto a quello delle sue precedenti esperienze.

(pubblicato su ondarock.it)

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