LADY SPACE – Long Lost In A Twilight Head
(Reverb Worship, 2010)
Proviene dalla Svezia il gioiello nascosto rivelato nel 2010 dall’etichetta home made britannica Reverb Worship, che con le sue edizioni a tiratura di cinquanta copie di opere di artisti sotterranei si è guadagnata il ruolo di stimato punto di riferimento, in particolare per i cultori di psych-folk e drone music, impegnati nell’instancabile ricerca di nuovi nomi e nuove sensazioni (basti pensare, tra i tanti, a Kwannon e alla giapponesina Muffin).
Questa volta si tratta di un trio originario di Gävle, dunque concittadino del poliedrico David Wenngren, ma impegnato in tutt’altri territori sonori, così come la sua stessa formazione lascia intuire. Gli interessi di Andreas Spåls, Leif Olsson e Jocke Claesson sono infatti ben distanti dalle moderne esplorazioni del minimalismo post-classico, guardando invece al fascino misterioso di un passato remoto, tanto dal punto di vista stilistico quanto strumentale: chitarre, basso, organo e mandolino sono gli arnesi del mestiere dei tre musicisti svedesi, che hanno lavorato a lungo per confezionare questo loro debutto dall’evocativo titolo di “Long Lost In A Twilight Head”.
Sospeso tra misticismo folk, cristallino fingerpicking, melodie nitide e frammenti di semplice e trasognata psichedelia, l’album raccoglie dodici tracce che affondano le proprie radici nella tradizione popolare britannica – quella dei “classici” Pentangle e Fairport Convention, ma a risalire fino a quella dei bardi rinascimentali – protendendosi al contempo verso declinazioni più attuali, in chiave slow-folk ovvero di fosche evocazioni drone-folk in media fedeltà.
Se l’acidità barrettiana che fa da contorno all’iniziale “Seal” e resterà latente sulle note dell’organo un po’ per tutto il corso del lavoro potrebbe far pensare a un album psych-folk tra i tanti, lo scorrere delle tracce palesa una versatilità padroneggiata con un prezioso piglio melodico, in grado di passare con grande spontaneità da atmosfere tenebrose a limpide trame acustiche, da accenni ritualistici a dialoghi vocali di soffice incanto. Basti pensare agli zufoli che ammantano di una patina polverosa la meraviglia espersiana “Inscapes”, all’intimismo bucolico di “Disintegration”, al picking insistito della sinistra “Tomorrow’s Blood” e a quello sognante della quieta “Wrap Yourself In Fire”. Per non parlare delle variazioni piacevolmente disorientanti che percorrono la delizia di tre minuti scarsi “Other Side”, nella quale il candore folk di Neil Halstead convive con l’isolazionismo di Mat Sweet in un pezzo che potrebbe sembrare scritto e cantato da Rick Alverson ai tempi dei Drunk. Aderenze con il progetto Boduf Songs possono riscontarsi anche nell’humming iniziale di “Never Love Unless…”, i cui spettri vengono tuttavia ben presto dileguati da una metamorfosi in forma lieve, con un intreccio tra le voci nella sorprendente direzione di Simon & Garfunkel. E sembra quasi incredibile che dietro un brano dotato di tale moderna vitalità si celi in realtà un poema rinascimentale inglese di Thomas Campion, che, al pari dei due minuti incantati di “The Old Church Tower” (che mettono in musica una poesia di Emily Jane Brontë), testimonia l’interesse del trio svedese per la musica e la cultura britannica a tutto tondo.
E forse non è un caso che un album come “Long Lost In A Twilight Head”, realizzato da artisti non inglesi, si attesti come una tra le migliori declinazioni recenti di un folk oscuro e atemporale, che affonda le proprie radici in risalenti parabole di fantasmi, sortilegi e tradimenti. Con ogni probabilità, la consueta limitatezza della tiratura del disco non permetterà ai Lady Space di travalicare la dimensione di culto, comune ad altri artisti operanti in territori analoghi (da Nick Grey a Jess Poe), tuttavia il minuzioso artigianato sonoro sotteso a quest’opera di debutto non può che essere positivamente salutato come l’inizio di un percorso avvolto ancora dal mistero e dalla magia, ma che mostra già tutte le potenzialità per regalare piacevoli soddisfazioni.
(pubblicato su ondarock.it)