GURUN GURUN – Gurun Gurun
(Home Normal, 2010)
Le sperimentazioni elettroacustiche minimali, in bilico tra folktronica e schegge pop, hanno trovato in Giappone terreno fertile e una pluralità di interpreti probabilmente favorita anche da un retroterra culturale improntato a bozzetti melodici dai toni delicati. Quel tipo di suono è ormai talmente diffuso nel Paese del Sol Levante, che persino artisti provenienti da tutt’altra parte del mondo ne sono stati affascinati al punto da assorbirlo appieno prima di restituirlo nelle loro opere.
È il caso, tra gli altri, di un terzetto proveniente dalla Repubblica Ceca che risponde al nome di Gurun Gurun, il cui omonimo album di debutto potrebbe essere ben scambiato per l’opera di qualche artista nipponico.
In effetti al disco partecipano importanti nomi della scena elettroacustica giapponese quali Sawako e Moskitoo, ma tutte le dodici tracce realizzate dal terzetto ceco sono avvolte da atmosfere incantate, che creano sonnolente texture attraverso l’intersezione di una miriade di microsuoni, delay, glitch e sibili analogici.
È questo il substrato sopra il quale corrono melodie appena accennate – impreziosite dalle interpretazioni delle collaboratrici d’eccezione o anche solo da frammenti vocali sparsi – campionamenti assortiti ma anche scorci cinematici come quello arrangiamenti prodotto dall’arrangiamento d’archi di “Karumi”. Si tratta, peraltro, dell’unico brano interamente strumentale del disco, che esemplifica al meglio le qualità compositive della band e la sua versatilità nel trasformare l’iniziale amalgama chitarristico attraverso la graduale aggiunta di altri strumenti e samples, in un perfetto equilibrio tra melodia e dissonanze.
Di contro, l’iniziale “Fu” e “Anu Uta” (i due brani ai quali partecipa Moskitoo) mostrano l’altra faccia dei Gurun Gurun, rivelandone la finalità di rendere maggiormente accessibili le loro composizioni, associando alle trame elettroacustiche strutture di canzoni semplici e abbastanza convenzionali. Entrambi gli elementi presentano discrete potenzialità di uno sviluppo futuro che, quanto meno, suscita la curiosità di scoprire verso che approdi stilistici e geografici porteranno le prossime derive di questa curiosa enclave d’Estremo Oriente nel cuore dell’Europa centrale.
All’album, che già si conclude con due remix, sono allegate altre sette rielaborazioni delle sue tracce ad opera di artisti quali Pimmon, Zavoloka, Orla Wren e Part Timer.
(pubblicato su ondarock.it)