DAKOTA SUITE & EMANUELE ERRANTE – The North Green Down
(Lidar, 2011)
A volte ho l’impressione di essere diventato il custode di un museo. Un museo vuoto, senza visitatori, a cui faccio la guardia solo per me.
(Haruki Murakami)
È come se, da qualche anno a questa parte, l’irresistibile forza gravitazionale di un buco nero stesse attraendo la discografica recente di Dakota Suite. È vero che Chris Hooson non è mai stato uno spirito particolarmente gioviale o, quanto meno, tale non è mai stata la sua musica, da sempre incline a racchiudersi in un’introspezione dalle sfumature seppiate, in una malinconia sobria, distante anni luce dall’autocompiacimento.
Ma – dopo lo iato di quattro anni successivo a “This River Only Brings Poison” – la produzione di Hooson ha tratto ispirazione esclusiva dai temi della perdita, dell’esaurimento delle relazioni e della resa incondizionata a un destino ineluttabile.
Da artista estremamente sensibile qual è, Hooson ha sempre messo in musica i suoi sentimenti, cristallizzando nei suoi dischi le istantanee emozionali offertegli dalla vita e dagli affetti più cari. Da questo suo vero e proprio scrigno di ispirazione, gli sono dunque giunte negli ultimi anni quelle sensazioni di resa e di sconforto già consacrate fin dai titoli dei suoi ultimi due dischi, “Waiting For The Dawn To Crawl Through And Take Away Your Life” e “The End Of Trying”.
“The North Green Down” rappresenta lo stadio successivo di questo mesto percorso, quello conseguente al verificarsi della perdita, che pure Chris Hooson ha voluto condividere in musica con qualcuno estraneo al suo personalissimo vissuto e tuttavia percepito come estremamente vicino alla sua sensibilità.
L’incontro tra Hooson e il validissimo compositore ambientale napoletano Emanuele Errante risale all’interpretazione da parte di quest’ultimo di “Second Hand Light”, in occasione dell’album rielaborativo “The Night Just Keeps Coming In”. L’empatia raggiunta tra i due ha dunque indotto Hooson ad affidargli un ruolo fondamentale nella realizzazione di “The North Green Down”, album dedicato alla memoria di sua cognata Hannah, morta di cancro dopo una lunga malattia, ma anche a tutti i distacchi più dolorosi, a tutte le piccole morti che quotidianamente capita di dover affrontare.
L’idea di “The North Green Down” nasce nel 2009, nella cittadina di Southwold, nel Suffolk: in quel luogo denso di ricordi e affetti familiari, Hooson torna insieme ad Hannah, con la consapevolezza che sarebbe stata l’ultima volta e la netta percezione di perderla ad ogni passo percorso dal mare del Nord alla zona di Southwold denominata, appunto, “The North Green”. Le emozioni di quei momenti e la sensazione di un destino che scorre tra le dita come sabbia sono state ben presto tradotte da Hooson in scarne piéce di chitarra e pianoforte, inviate poi a Emanuele Errante per essere rifinite con violoncello, saturazioni ambientali e crepitii elettronici.
Il risultato di questa collaborazione tra anime, accuratamente rifinito nel corso di lunghi mesi, è ora racchiuso nei quasi ottanta minuti di “The North Green Down”, opera traboccante romanticismo e abbandono, grigi paesaggi balneari inglesi e più tiepidi riflessi mediterranei. Come già per “The End Of Trying”, anche in questo caso non avrebbe molto senso dissezionare le partiture di ognuno dei singoli pezzi, poiché è piuttosto la resa complessiva del lavoro quella che conta, una resa che sa di esistenzialismo, di rimpianti, di desolazione emotiva, senza tuttavia mai cedere a eccessi sentimentalisti né a tempeste depressive.
Nei diciotto brani strumentali di “The North Green Down” vi è piuttosto una solennità composta e consapevole e, nuovamente, quella sorta di autismo espressivo già presente negli ultimi lavori di Dakota Suite e tuttavia in grado di dischiudere mondi ai (verosimilmente) disposti a oltrepassare quella dolorosa barriera (a)comunicativa, pur in questo caso resa più permeabile dal fondamentale contributo di Emanuele Errante, le cui sinuose stratificazioni elettroniche si saldano alla perfezione a completare iterazioni acustiche e ovattate note pianistiche, che risuonano su sospensioni temporali liquide e dilatate.
Da esili armonie di pianoforte a riverberi appena accennati, da minimali afflati cameristici e impalpabili texture ambientali, “The North Green Down” è un’unica, mirabile elegia innalzata al cielo, dedicata con sommo trasporto e delicatezza a chi non c’è più, in un ricordo vividissimo e toccante, invincibile anche dalla morte.
Se qualcuno crede ancora che esistano dischi non riducibili all’asetticità di una valutazione critica, ebbene, “The North Green Down” può a pieno titolo annoverarsi tra questi. Perché le personalissime profondità emozionali che hanno ispirato un’opera del genere non sono misurabili, ma meritano soltanto un rispettoso tentativo di interpretarle, di farle proprie, alla ricerca di un’empatia preziosa come quella conseguita dai due artisti che l’hanno realizzata.
(pubblicato su ondarock.it)