ÁRSTÍÐIR – Hvel
(Nivalis, 2015)
Oltre all’Islanda “da esportazione”, che conta una schiera di artisti sempre più nutrita, nell’isola del ghiaccio e del fuoco ribolle una scena artistica che fatica a travalicare il circuito dell’underground di Reykjavík e, tutt’al più, arriva a competere per quegli stessi riconoscimenti nazionali dai quali hanno peraltro tratto le mosse più rinomati conterranei.
Il quartetto degli Árstíðir rientra senz’altro nella seconda categoria, eppure fin dal debutto del 2009 la sua miscela di pop cameristico dal gusto vagamente indie appariva dotata di discrete potenzialità diffusive. “Hvel” è il terzo disco della band islandese, interamente realizzato attraverso una campagna di finanziamento online, che ha permesso l’autoproduzione delle dodici tracce che ne formano la tracklist, frutto di un’impostazione corale nelle interpretazioni e nell’esecuzione da parte di un ensemble allargato che al quartetto base della band islandese affianca una sezione ritmica e ulteriori archi.
Elementi di folk antico e leggerezza chamber-pop si fondono nella sequenza dei brani di “Hvel”, lungo la quale si avvicendano moderati crescendo e pronunciate cadenze indie (“Things You Said”, “Friðþægingin”) e cartoline di cristallini paesaggi nordici, incorniciate dall’austero romanticismo degli archi (“Someone Who Cares”, “Ró”). In particolare nella seconda parte dell’album un ruolo decisivo è assunto dal pianoforte, che guida ballate notturne sospese e palpitanti (“Silfurskin”, “You Again”), inframezzate da passaggi dalla maggior enfasi corale (“Shine”) e da incerti tentativi di un’evoluzione pop affine a quella dei connazionali Hjaltalín (nella conclusiva “Unfold”).
Il cuore della formula degli Árstíðir resta comunque quella di un chamber-pop elegante ed evocativo, come soltanto musica proveniente dal profondo Nord può essere, e dotato di tutte le carte in regola per non restare appannaggio esclusivo degli incuriositi esploratori dei sotterranei di un ambiente artistico dal quale non cessano di scaturire proposte stimolanti.