johanna_warren_numunJOHANNA WARREN – nūmūn
(Team Love, 2015)

È l’immaginario notturno della luna, intriso di significati simbolici e avvolto da un’aura mistica, a caratterizzare nell’estetica e nel contenuto il secondo album di Johanna Warren, cantautrice proveniente dalla “capitale folk” Portland, il cui debutto “Fates” risale a due anni fa.

Rispetto all’essenzialità nel solco della tradizione folk di quel lavoro, “nūmūn” vede la Warren ricercare una dimensione espressiva più eterea e personale, coerente con la traccia ispiratrice sottostante alle nuove canzoni e con la stessa soggettività e con le esperienze dell’artista. In “nūmūn”, infatti, Johanna Warren mette a nudo la propria identità, svelando nei testi e nelle ambientazioni sonore tanto la sua personalità bipolare quanto la sua parallela attività di terapeuta dell’energia attraverso la pratica spirituale del Reiki.

Nei nuovi brani, tutto ciò implica la combinazione di un folk bucolico dai contorni sempre più sfumati con atmosfere rarefatte, dense di un misticismo tuttavia intento a ricercare delle risposte nella profondità del proprio animo, attraverso una serie di confessioni e autoanalisi ben ravvisabili in molti dei testi.
Fermo restando un impianto strumentale estremamente scarno, che a chitarra acustica e voce associa appena il flauto e qualche morbida cadenza ritmica, le canzoni di “nūmūn” appaiono come una sequenza di istantanee notturne e sognanti, distillate da un animo che trova appunto nella magia della luna la metafora della propria pacificazione.

Sono dunque quasi soltanto esili arpeggi acustici, uniti alla tonalità spesso evocativa della Warren a pennellare brani soffusi e delicati, che non mancano di perpetuare registri folk scorrevoli e primaverili (“True Colors”, “Less Traveled”, “This Is Why”) ma si attestano in prevalenza su una dimensione sospesa e raccolta, veicolata da armonie impressionistiche (“Black Moss”, “Figure 8”), che attraverso risonanze ovattate (in primo piano nello strumentale “Apogee”) suscitano morbide sensazioni cinematiche, dolcemente fuori dal tempo (“Noise”, “Found I Lost”).

Johanna Warren sembra dunque aver riassunto in “nūmūn” l’essenza di un folk magico e sognante, che per risultare tale non necessita di un alone di misticismo acido, ma trova nella sinestetica contemplazione del sé attraverso quella della natura un equilibrio tutto femmineo, dal fascino prezioso.

http://johannawarren.com/

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