RED RIVER DIALECT – Tender Gold And Gentle Blue
(Hinterground, 2015)
Una dedica commossa, la solitudine creativa e un senso di vuoto, di mancanza, che si rispecchia nei desolati paesaggi della quotidianità: sono questi i diversi profili che hanno costituito da premessa al terzo lavoro dei Red River Dialect, band della Cornovaglia guidata da David Morris. Eppure, le undici canzoni di “Tender Gold And Gentle Blue” sono il frutto di dinamiche emotive tanto personali che in origine Morris non intendeva nemmeno farle uscire dalla sua sfera individuale; si è trattato, invece, di un processo lungo e graduale, condiviso con i membri della band, che hanno rifinito le loro esili linee acustiche con delicati arrangiamenti di pianoforte, archi, banjo e vibrafono.
Ne è risultato qualcosa di sostanzialmente diverso rispetto al precedente “awellupontheway” (2012), la cui patina di misterioso psych-rock è evaporata in favore di una dimensione acustica intima e contemplativa, alimentata anche dalla precisa scelta di registrare i brani con un microfono d’ambiente, in modo da conferirvi ampiezza spaziale e risonanze del tutto naturali.
La vocalità sommessa e spesso evidentemente coinvolta di Morris guida così brani umbratili scritti sulla chitarra e sul pianoforte, non del tutto privi di richiami a un misticismo ancestrale (evidente soprattutto nella litania di quasi dieci minuti “Ring Of Kerry”) ma che nella semplicità del linguaggio folk trovano il veicolo ideale per scolpire ricordi e immagini, in una dissolvenza senza soluzione di continuità tra paesaggio e mondo interiore. Così, un picking gentile che dialoga con gli archi pennella istantanee bucoliche dai colori pastello (lo strumentale “Child Song”) e ballate intrise di lirismo e sentori salmastri (“Khesed”, “Dozmary”), mentre il pianoforte incornicia ricordi appassionati (“For Ruth And Jane”, “Cavernous Calls”).
Sull’intero “Tender Gold And Gentle Blue”, aleggia comunque un’aura al tempo stesso rilassata e vibrante, che David Morris e compagni non mancano di volta in volta di modellare in senso folk tradizionale (“Amelia” e il conclusivo strumentale “Bound For The Rio Grande”), avviluppare in raffinati velluti scuri da crooner (“Fallen Tree”) e persino contaminare con linguaggi folk di estrazione diversa rispetto a quella britannica (si veda il cammeo di Nathan Salsburg in “Great Eastern Sun”).
È per questi e molti altri particolari che “Tender Gold And Gentle Blue” va assaporato con cura, perché, come l’aroma di un distillato maturato con lentezza, possiede tutti i caratteri di forza e complessità di un sentimento che si esprime con coerente compiutezza attraverso un registro gentile ed essenziale.