PERLAH
Places
(Trome, 2025)

Una città crocevia culturale (Berlino o Istanbul che sia), interno di un giorno che non risplenderà; ombre, solitudine e una malinconia dolce, quasi da assaporare. Se “Places” fosse un cortometraggio racconterebbe di quei luoghi e di quelle sensazioni, attraverso immagini sfocate, nebbiose, dai contorni a malapena distinguibili.

Invece è un disco, il primo del polistrumentista Gustav Kemps, che ha preso forma proprio a cavallo di quelle due città, i cui ricordi sono appunto distillati attraverso suoni non meno impalpabili, lenti e malinconici. Il comune denominatore delle sue dieci tracce è tutto in un intimismo compassato, dimesso nelle sue cadenze sfumate, nei suoni acustici che scolorano in risonanze di granulosa bassa fedeltà, a incorniciare come un’istantanea sbiadita il cantato sommesso di Kemps.

Eppure, benché l’essenza del breve lavoro sia appunto in prevalenza soffice e sonnolenta, solcata appena da minute interferenze atmosferiche, non mancano un paio di episodi appena più strutturati e “concreti”, canzoni vere e proprie come la title track, ingentilita dalla voce di Lily Beltane, e “Stay”, il cui battito marziale sfocia in uno spasmo elettrico circolare. Si tratta dell’unico autentico sfogo di una tensione altrimenti latente, di un pathos soffocato interiormente, nel solitario rifugio in penombra di un artista dalla sensibilità tormentata, mentre la metropoli, intorno, continua a muoversi incurante, tra le ombre di un inverno che appare senza fine.

RIYL: Rivulets, Boduf Songs, Lady Space, Movietone.

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