JON DEROSA – A Wolf In Preacher’s Clothes
(Mother West / Rocket Girl, 2012)
Chi per anni ha conosciuto Jon DeRosa principalmente per il suo progetto ambient-sintetico Aarktica si sarà forse stupito di vederlo cimentarsi con estrema naturalezza in vere e proprie canzoni. In realtà, i prodromi di “A Wolf In Preacher’s Clothes”, primo disco sotto il suo nome, possono ricercarsi nella collaborazione a base folk instaurata a inizio degli anni Duemila con l’ottimo Marc Gartman in Pale Horse And Rider e, più di recente, nelle quattro tracce di quell’”Anchored Ep” che già segnava la transizione delle sfumature delle sue afasiche composizioni a cavallo tra ambient e shoegaze nei primi saggi di un crooning riflessivo e raffinato.
Ulteriormente ponderato e proiettato sul formato album, l’interesse del chitarrista newyorkese per un songwriting classico e dagli spiccati accenti pop trova nei dieci brani di “A Wolf In Preacher’s Clothes” manifestazione compiuta e particolarmente incisiva. Le canzoni di DeRosa non sono bozzetti di semplice intimismo elettro-acustico, ma strutturate costruzioni armoniche completate da eleganti arrangiamenti di fiati e archi, che vi conferiscono un’aura malinconica e piacevolmente retrò.
Benché l’abituale lavorio di DeRosa su modulazioni e riverberi non svanisca del tutto e sia anzi ben presente in particolare negli svaporamenti delle ultime due tracce, l’album mostra da subito un deciso piglio pop, dapprima espresso nel tenebroso camerismo della vivace “Birds Of Brooklyn” e poi in una sequenza di canzoni dallo spiccato sapore sixties e – strano a dirsi – dalle evidenti reminiscenze britanniche. Ad esempio, l’incanto atemporale di “True Man” e l’arioso impianto di fiati “Who Decides?” potrebbero essere usciti dalla penna di Neil Hannon, mentre l’incedere cupo e trasognato di “Snow Coffin” (già anticipata nell’Ep) potrebbe rimandare all’uggiosa malinconia dei Kitchens Of Distinction. In questo contesto, dunque, la soffusa cover al pianoforte di “Easter Parade” dei Blue Nile suona quasi come un’omaggiante manifesto della nuova veste pop di Jon DeRosa.
Ricco di melodie fluide e accattivanti, eppure molto misurato e austero negli arrangiamenti (ai quali contribuisce in alcuni brani l’intenso violoncello di Julia Kent), “A Wolf In Preacher’s Clothes” è un’equilibrata miscela di variegati riferimenti stilistici, che (ri)scorpre così in maniera compiuta la sofisticata vena autoriale di DeRosa, sorprende artefice di un disco di canzoni tra i più raffinati e convincenti dell’anno.
http://jonderosa.com/
Bravo Raf, DeRosa è un musicista incredibilmente sottovalutato!