hayden_us_aloneHAYDEN – Us Alone
(Arts & Crafts, 2013)

In quindici anni di carriera, Paul Hayden Desser ha incarnato la figura emblematica del songwriter sensibile e riflessivo, che emerge ogni tanto dal suo solitario understatment per confezionare un album di canzoni semplici e sentite. “Us Alone” è il settimo di una serie che ha toccato i suoi punti più alti ai tempi di “Skyscraper National Park” (2002), nonché il primo a essere pubblicato per l’importante Arts & Crafts. Non per questo, però, il cantautore canadese ha tradito la propria sensibilità e il proprio stile espressivo, che nelle otto tracce dell’album si esprime nuovamente in canzoni intrise di timido lirismo, costruite sulla fedele chitarra o sul pianoforte e solo a tratti strutturate secondo un impianto ritmico classicamente rock.

Si direbbe che “Us Alone”, pubblicato a ben quattro anni dal precedente “The Place Where We Lived”, segni la definitiva transizione di Hayden a una maturità umana, oltre che artistica. Una distante malinconia e un costante senso di viaggio (interiore più che fisico) ammantano tutto il disco, così come il susseguirsi di soluzioni d’arrangiamento accuratamente rifinite ma pur sempre minimali ne traccia la compassata progressione emotiva, dalla dolente ballata iniziale “Motel” ai marcati accenti elettrici di “Rainy Saturday”, dalle soffuse rarefazioni della sognante “Oh Memory” alle decise linee armoniche che contornano il delizioso duetto vocale con Lou Canon in “Blurry Nights”.

In parallelo, i battiti secchi della batteria si sovrappongono ai gemiti della slide o modulazioni ovattate abbracciano con dolcezza il compassato crooning di Hayden, che affiora in tutto il suo fragile romanticismo nelle canzoni realizzate al pianoforte e poi più o meno rifinite in sede d’arrangiamento. Non sembra dunque un caso che alla spoglia espressività di tale strumento e dell’accorata interpretazione di Hayden sia riservato alla conclusiva “Instructions” e alla ghost-track ad essa annessa, commiato elegiaco e sommesso di un album che certamente non cambierà il mondo né il corso della carriera dell’artista canadese, ma ne attesta senz’altro la capacità di modellare con accurato cesello in senso evolutivo un registro espressivo classicamente cantautorale.

http://wasteyourdaysaway.com/

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