MODDI – Set The House On Fire
(Propeller, 2013)
Deve esserci qualcosa di davvero speciale nelle atmosfere dei Paesi scandinavi; qualcosa che molti musicisti provenienti da quelle lande devono aver respirato insieme all’aria rigida di inverni illuminati da preziose stille di luce fioca, magari in contesti a diretto contatto con la natura.
Sarà pure un caso – se non addirittura un cliché – ma di fatto capita piuttosto spesso che certe proposte musicali provenienti da quella zona d’Europa si distinguano fin dalle prime note per i loro paesaggi incantati, sospesi tra solitudine, rapita contemplazione e sottile inquietudine, non solo quando disegnano immaginari astratti ma anche quando narrano le storie reali o legate alle tradizioni dei luoghi.
È così anche per il norvegese Pål Moddi Knutsen, in arte semplicemente Moddi, che dopo il pregevole debutto “Floriography”, tributato di un paio di candidature ai Grammy nazionali nel 2010, si è ritirato tra i boschi del Telemark (zona montuosa a ovest di Oslo) per riaversi dal prosciugamento mentale e fisico conseguito al primo album e al relativo tour. In quei luoghi, smentendo l’intenzione di non realizzare mai un secondo disco, il giovane norvegese ha invece cominciato a scrivere, a partire soltanto da chitarra e voce, le undici tracce oggi raccolte in “Set The House On Fire”.
Eppure, a dispetto delle essenziali premesse che vi hanno presieduto, l’album mostra Moddi alle prese con una declinazione della propria romantica matrice folk che, grazie a un successivo lavoro di arrangiamento e composizione, lo vede cimentarsi con una miriade di suoni e strumenti, dagli archi alle ritmiche, dalla fisarmonica al pianoforte, senza disdegnare tenui inserti d’organo ed elettronica.
La risultante della ricca tavolozza sonora utilizzata è un vivace affresco nel quale ballate introspettive dai toni vagamente nostalgici (su tutte “House By The Sea” e la toccante “For An Unborn”) si alternano a bozzetti romantici e a un paio di cedimenti a uno spleen a metà tra le verdi vallate del primo Bon Iver e le claustrofobiche visioni metropolitane di Thom Yorke. Ciononostante, “Set The House On Fire” appare comunque un album molto sentito e ispirato, in particolare nei numerosi passaggi nei quali dosati arrangiamenti orchestrali sostengono melodie di chitarra o pianoforte, completata dal coinvolto lirismo interpretativo di Moddi, al quale si affianca quello dell’amico-ospite Einar Stray.
Un’altra piccola magia di sentimento, colorata di sublimi tinte nordiche.