È prassi frequente per artisti sperimentali europei o statunitensi ricercare fonti di ispirazione concettuale delle loro opere in ambienti e contesti geografici talora anche piuttosto remoti. Capita invece molto meno spesso di trovarsi in presenza di lavori che affondano le proprie radici culturali e umani proprio in zone del pianeta prodighe di suggestioni arcane e, al tempo stesso, non usualmente fonte di produzioni artistiche.
Quest’ultimo è il caso dei quaranta minuti circa di “Llaves”, firmati dal colombiano Miguel Isaza alias Arpa e consacrati al simbolo della tradizione locale del Chakana, ovvero la croce andina raffigurata sulla copertina.
Attraverso una miscela di field recordings e screziature elettroniche, Isaza traduce in cartoline sonore intrise di misteriosa spiritualità i sentori di luoghi impervi, al pari di suoni che svaporano nell’ambient più astratta (la parte conclusiva di “Uray” e di “Intiq Lloqsinan” ma tendono anche a inarcarsi in disagevoli coltri di rumore sintetico (“Wichay”).
Dell’aria delle Ande, “Llaves” conserva la sensazione mediamente “esotica” per gli ascoltatori “occidentali” e l’effetto straniante di un’altitudine selvaggia. Un’utile argomentazione per chi pensasse che le pulsioni sperimentali coprano una superficie più limitata rispetto all’intero orbe terracqueo.