AZURE BLUE – Beyond The Dreams There’s Infinite Doubt
(Matinée, 2013)
La riscoperta wave tra anni ’80 e ’90 non è certo esclusivo appannaggio di artisti d’oltreoceano dall’estetica più o meno lo-fi (ogni riferimento a Captured Tracks e dintorni non è tutt’altro che casuale). Lo dimostrano recenti prove di band svedesi, quali Sambassadeur e Mary Onettes, e adesso il secondo lavoro solista di Tobias Isaksson sotto la denominazione di Azure Blue.
Trattandosi di Svezia e in considerazione del retroterra di Isaksson (già in Irene e Laurel Music), l’evanescente estetica di tastiere e sinuosi riverberi viene filtrata attraverso una sensibilità pop intrisa di languori romantici.
Fin dal titolo, “Beyond The Dreams There’s Infinite Doubt” si colloca a mezz’aria tra dolcezze sognanti e sfumature più oscure, che nelle cadenze sintetiche e nelle policrome scie delle tastiere trovano i contorni adeguati per il cantato morbido e rapito di Isaksson. L’album alterna così insistiti episodi synth-pop le cui propulsioni elettroniche suscitano inevitabili accostamenti ai New Order più pop (il singolo “The Road I Know” e “Willows And Pines”) a più numerosi passaggi nei quali le tastiere plasmano rilucenti tappeti aurorali, dal fascino soffice e sognante (è il caso dell’arco tra “Sunrise” e “Sunset”). Addirittura, le morbide coltri sintetiche svaporano in paio di derive quasi completamente ambientali, “Do Not Go Gentle” e la conclusiva “Beyond The Dreams”, che presentano Isaksson sotto l’inedita veste di artefice di sinuosi paesaggi sonori.
Tratto comune dei brani resta comunque la delicatezza di Isaksson nel pennellare suoni e melodie fuori dal tempo che, salvo qualche eccesso synth-pop, scioglie tutto il suo romanticismo attraverso la patina di malinconia che, al di là del formato sono prescelto, costituisce l’irrinunciabile nucleo centrale di ogni disco di originaria matrice indie-pop che si rispetti.