PLANTMAN
Roma, BlackMarket 17 ottobre 2013
C’è qualcosa di familiare e spontaneo nelle canzoni di Plantman. Una sensazione di naturalezza che rispecchia la loro genesi, che lo stesso Matthew Randall in una recente intervista ha raccontato essere scaturita nella maggior parte dei casi mentre svolgeva il suo lavoro di giardiniere in un bosco o in mezzo ai campi. È la stessa sensazione che il chitarrista e songwriter inglese, accompagnato da una vera e propria band (seconda chitarra, basso, batteria, melodica) ha fatto respirare nella raccolta atmosfera del “salottino” del BlackMarket, che lo ha ospitato nell’ambito della preziosa rassegna Unplugged in Monti, ormai consolidato punto di riferimento per gli appassionati di cantautorato, folk e indie-pop della capitale.
L’ora di durata del concerto vola via in un misto di incanto gentile e tempi serrati determinati dalla brevità delle canzoni di Randall, che rivelano sovente il loro carattere di brevi bozzetti melodici il cui fascino è alimentato anche da un senso di indeterminatezza, come di attimi sospesi in istantanee che ne catturano la fugacità delle emozioni. Con poche parole e molta musica, la band sfruttano le potenzialità del formato allargato rispetto all’originario duo, con Randall che passa ben presto alla chitarra acustica per intessere delicati dialoghi con quella elettrica, fulcro espressivo di minute canzoni pop di disarmante semplicità ed efficacia.
Languori nostalgici e contemplazioni naturalistiche si susseguono, confondendosi quasi, nella scaletta proposta, incentrata solo in parte sull’ultimo “Whispering Trees”, completata da un paio di inediti, da un omaggio ai Go-Betweens e soprattutto da numerose gemme tratte da “Closer To The Snow” (appena ristampato per permetterne una diffusione ulteriore rispetto a quella delle trentacinque copie dell’edizione originale), tra le quali “Silver Stream” e “Flame”, che non hanno mancato di suscitare qualche brivido nei pochi che fin dal sotterraneo esordio si sono lasciati avvincere dalla piccola grande magia dei Plantman.
Perché, come ben testimoniato in una serata da ricordare, la loro malinconica grazia pop rinnova la tradizione inesauribile di canzoni che non ambiscono certo a deviare il corso di pretesi massimi sistemi musicali ma che possono eternare momenti, luci ed emozioni, parlando al cuore di ciascuno.
(foto: Francesco Amoroso)