roger_tarry_quiet_townROGER TARRY – Quiet Town
(Folkwit, 2013)

Quella di Roger Tarry potrebbe essere l’ordinaria storia di un cantautore per passione, che dispensa le sue creazioni a intervalli determinati dal flusso spontaneo e mutevole dell’ispirazione. Era addirittura dal 2005 che l’artigiano della canzone di Bristol non pubblicava un album propriamente detto (“Last Time I Was There”), tanto da essere di fatto uscito dai circuiti ufficiali di pubblicazione, come dimostra la stessa originaria autoproduzione di “Quiet Town” nel corso dello scorso anno.

Molto opportunamente, dunque, un’etichetta di rilievo quale Folkwit ha provveduto ad assicurare rinnovata diffusione alle gentili pennellate di Tarry, che in “Quiet Town” ha raccolto nove acquerelli folk dalle tinte pastello, immersi in una ovattata penombra acustica e completati da delicate interpretazioni. È inevitabile stabilire ascendenze drake-iane fin dall’apertura “It’s Not You”, per un misto di rapita espressività e fluido picking; su tale comune denominatore Tarry costruisce il proprio piccolo mondo di canzoni introspettive, perfettamente rappresentativo del contesto calmo e rallentato evocato dal titolo del disco, eppure non per questo indulgente a ostentazioni di spleen.

Al procedere della tracklist, “Quiet Town” si riveste anzi di una tavolozza di sfumature sempre coerenti con un mood di fondo pacato e riflessivo ma articolate di volta in volta dal semplice calore della danza delle dita sulle corde della chitarra di “Cropsy” al malinconico intreccio con la fisarmonica di “Blow”, fino ad aggraziate miniature chamber-folk. In queste occasioni rifulge al meglio la misurata classe di Tarry, al quale è sufficiente un semplice accompagnamento d’archi per creare atmosfere di appassionata partecipazione emotiva (“Dying Wish”, “Train”), che trova definitiva consacrazione nelle ritmiche sfumate della title track e nel romanticismo del pianoforte di “They Have Never Seen”.

In perfetto bilanciamento tra understatement e sensibilità nella rifinitura delle canzoni secondo una pregevole varietà di soluzioni, Roger Tarry evidenzia una preziosa eleganza di scrittura, arrangiamento e interpretazione, che fa di “Quiet Town” un piccolo ma mirabile esempio di come quella dell’introspezione cantautorale possa risultare una formula al tempo stesso fragile nei tratti e coinvolgente dal punto di vista comunicativo.

http://www.rogertarry.net/

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