MYRRA RÓS – Kveldúlfur
(Beste! Unterhaltung, 2013)
L’osmosi tra mondo umano e naturale che in Islanda raggiunge un culmine senza pari ricorre nell’iconografia del disco di debutto e nella stessa piccola epica personale di Myrra Rós, nuova voce femminile tra le tante di recente scaturite dalla fervente scena artistica della terra del ghiaccio e del fuoco.
Non è solo perché l’Islanda è, tra l’altro, paradiso dei birdwatcher che la giovane cantautrice si fa raffigurare sulla copertina di “Kveldúlfur” in unione simbiotica con dei volatili, ma in conseguenza del curioso aneddoto per cui alla sua prima esibizione avrebbero assistito soltanto due pappagalli…. Più verosimilmente, le sue canzoni hanno avuto iniziali esecuzioni casalinghe anche in considerazione del fatto che la giovane islandese ha iniziato a suonare la chitarra in età post-adolescenziale.
Il relativo ritardo nell’approccio artistico pare tuttavia compensato dalla maturità con la quale Myrra Rós si è avvicinata alla scrittura musicale, dopo un paio di eterogenee esperienze artistiche e un primo demo risalente al 2010. Le nove canzoni raccolte in “Kveldúlfur” (disco autoprodotto nel 2012 e adesso pubblicato per il mercato internazionale), non a caso fortemente radicate nel mondo naturale, la vedono infatti cimentarsi con spiccata disinvoltura in un ampio ventaglio di ballate legate alla tradizione folk islandese (omaggiata nell’iniziale “Við Og Við”) ma sviluppate secondo una varietà di registri che, intorno al nucleo centrale di strumenti a corda e di una voce soffice ed espressiva, traccia linguaggi sonori in bilico tra raffinato romanticismo e qualche non dissimulata velleità pop.
Le intime atmosfere alle quali sono improntati tutti i trentaquattro minuti dell’album si snodano infatti tanto attraverso malinconici dialoghi tra la chitarra acustica e un violoncello che amplifica il fragile equilibrio emotivo, speculare a quello meteorologico, di canzoni scritte in punta di dita, quanto non mancano di offrire scorci moderatamente briosi, come nel caso della brillante “Animals” e della title track. Quando poi Myrra Rós stilla fragili emozioni al pianoforte (“Láru Lag”, “Værð Og Vökul Þrá”) o dispensa confidenze vellutate nelle sfumature soul di “Milo” e nella carezzevole elegia della conclusiva “Sail On”, è quasi naturale stabilire un’affinità con la più celebre conterranea Emiliana Torrini. Il pur lusinghiero paragone non sembri tuttavia riduttivo perché, per spettro espressivo e potenzialità suscettibili di ulteriore affinamento, Myrra Rós mostre valide carte per elevarsi a nuova credibile voce del peculiare equilibrio islandese tra uomo e natura.