MY BUBBA – Goes Abroader
(Fake Diamond, 2014)
C’era una volta un terzetto di ragazze nordiche dal curioso nome di My Bubba & Mi; incontratesi a Copenhagen, hanno trovato accogliente sponda in Italia per il loro disco d’esordio, “How It’s Done In Italy” (2010), registrato ai piedi delle Alpi e pubblicato dalla nostrana We We Never Being Boring.
Da allora più di qualcosa è cambiato, a cominciare dalla denominazione, abbreviata in conseguenza dell’abbandono del progetto artistico da parte di una delle tre ragazze, mentre non è mutata la passione della svedese My Larsdotter Lucas e della islandese Guðbjörg Tómasdóttir (Bubba) per il viaggio e per la scoperta di nuovi intrecci tra le loro voci su essenziali trame acustiche.
Questa volta, teatro per la realizzazione di un disco è stata la California, dove My e Bubba hanno registrato, con l’ausilio di un produttore importante quale Noah Georgeson, le canzoni scritte nel corso degli ultimi due anni. Così è nato “Goes Abroader”, secondo lavoro che rinnova nel titolo la natura artistica nomade delle due e nel contenuto la curiosità di esplorare mutevoli vesti sonore per le loro delicate armonie acustiche.
Nelle quindici tracce del disco, My e Bubba propongono uno scarno formato folk, ingentilito da melodie incantate e rifinito da essenziali soluzioni d’arrangiamento in grado da ammantarle di volta in volta di assolate sfumature sudiste e di soffuse timbriche di camerismo jazzy veicolate da poche note di contrabbasso. Al centro di tutto restano le voci delle due, autosufficienti nell’intro e nei due brevi interludi a cappella e perfettamente complementari nell’intessere trame melodiche compunte e brillanti al tempo stesso, che paiono appunto frutto di un’equilibrata sintesi tra le loro origini nordiche e l’apertura a una pluralità di linguaggi musicali.
Al termine del nuovo viaggio di My e Bubba, prima della conclusiva cover di “Sexual Healing” dal sonnolento sapore nordico, c’è infatti proprio l’aria del ritorno a casa (“Going Home”, unico brano cantato in islandese), con quel misto di nostalgia e arricchimento per le scoperte compiute che contraddistingue tutto “Goes Abroader”, ampliando in maniera significativi gli orizzonti di due artiste di tutta evidenza non appagate di potersi considerare nell’ormai ampio novero dei binomi folk nordici al femminile.