THE NEW SPRING – Late Bloomer
(Tambourhinoceros, 2014)
Alla complessità e all’esuberanza della rock band Shout Wellington Air Force, da lui guidata nell’unico album risalente al 2008, Bastian Kallesøe preferisce ormai da qualche tempo l’essenziale immediatezza di canzoni acustiche incentrate su pochi accordi di chitarra e sul soffice timbro della sua voce. Accadeva già ai tempi della band e accade in maniera organica da tre anni, da quando l’artista danese ha intrapreso con l’omonimo album la sua nuova avventura personale sotto la denominazione di The New Spring.
Giunto con “Late Bloomer” al terzo lavoro solista, Kallesøe non ha inteso abbandonare la formula né la modalità realizzativa che ne hanno caratterizzato i primi due. Anche in quest’occasione, infatti, i dieci brani del disco sono stati registrati in un breve lasso temporale – appena due giorni – e in pressoché totale assenza di supporto digitale, proprio in modo da enfatizzarne la già disadorna essenza e l’estetica fuori dal tempo.
In effetti, per suono e contenuto “Late Bloomer” possiede tutti i tratti di un disco cantautorale classico, devoto tanto al culto di Nick Drake quanto a quello di incantate atmosfere seventies. Non si tratta però del prodotto di una mera pratica emulativa, né il suo registro risulta invariabilmente dimesso; anzi, la personalità di Kallesøe si manifesta sotto forma di una scrittura scorrevole e di una fluidità armonica che riveste le sue canzoni di tiepide sfumature e dinamiche accattivanti.
Il timbro delicato del songwriter danese funge così da frequente contrappunto alla danza delle sue dita sulle corde della chitarra, che creano arpeggi vivaci, dai tratti persino mediterranei (“A Short Speech About Magic”, “Song For Ana Mendieta”). Nonostante la sua provenienza, c’è ben poco dell’asettica rarefazione nordica nelle canzoni di Kallesøe, al contrario vi è un approccio diretto e positivo alla vita e alla composizione, persino quando si misura con le tradizionali tematiche nostalgiche (la drake-iana “Every Time We Say Goodbye”).
Al calore primaverile dell’articolata title track si associano con naturalezza bozzetti acustici delicati, nei quali il registro di Kallesøe si espande ad accogliere rifiniture pianistiche (“Your Birthday (Stilleben #1)”) e persino accenni di grazia orientale sotto forma degli impressionistici inserti di fiati sulla conclusiva “The Japanese Bridge”. Tutto ciò rende “Late Bloomer” qualcosa più di un album cantautorale tra i tanti, frutto com’è di una propensione alla semplicità affinata nel corso degli anni da parte di Bastian Kallesøe, senza rinunciare a quell’immediatezza realizzativa che non compromette l’accuratezza della resa sonora delle canzoni ma le ammanta di un alone originale, anche rispetto alla pletora delle autoproduzioni.