WE ONLY SAID – Boring Pools
(Les Disques Normal, 2015)
La scelta di lasciar riecheggiare il titolo di un brano dei My Bloody Valentine nella denominazione della band fa già trasparire il radicamento del quintetto francese dei We Only Said nella temperie espressiva dei primi anni Novanta. Al di là tale assonanza, l’immaginario della band guidata dal chitarrista Florian Marzano, si rivolge piuttosto alle dissonanze e alle cadenze spezzate di quel rock indipendente d’oltreoceano che stava per trasformarsi nel rivolo più febbrile del post-rock.
Le nove tracce di “Boring Pools”, secondo album della formazione francese, ne sono una testimonianza non del tutto anacronistica, grazie alla complessità degli intrecci strumentali e all’accurato dosaggi di spasmi ritmici e stop-and-go e soprattutto alla loro associazione a strutture di canzoni che non tralasciano gli aspetti melodici, esplicandoli anche attraverso l’elemento vocale.
Vi è comunque un substrato nervoso alla base di “Boring Pools”, che si manifesta in un paio di distorte progressioni post-hardcore (“Everything Turns Cold” e “(Along All) Boring Pools”), pur essendo in prevalenza sfumato attraverso cadenze oblique e passaggi rarefatti (la conclusiva “Killing For A Job”) a metà strada tra le sospensioni emotive dei Karate e le segmentazioni ritmiche del post-rock di Louisville (“Mitch”, “My Distance With You”).
Così, piuttosto che suscitare la domanda intorno al senso di suonare in tal modo all’alba del 2015, “Boring Pools” si lascia ascoltare mettendo in mostra l’accuratezza delle trame orchestrate dal quintetto francese, nella cui proposta si riesce a cogliere quanto meno qualcosa più della semplice nostalgia per registri espressivi non ancora del tutto sepolti dalla coltre del tempo.