NIMH – Black Silences
(Naked Lunch, 2015)
Reduce dalla stimolante esperienza di Twist Of Fate, Giuseppe Verticchio torna a rivestirsi dell’abituale alias Nimh, ritrovando oltre un’ora di rumorose elucubrazioni chitarristiche, originariamente registrate tra il 2010 e 2011 ma che solo ora vedono la luce. Di luce, tuttavia ve n’è ben poca, a livello di suggestioni nelle tre lunghe tracce di “Black Silences”, che fin dal titolo mette ben in chiaro il contenuto del lavoro, che si attesta dalle parti dei recessi più cupi della produzione dell’artista romano.
Due brani di circa diciotto minuti l’uno e la loro ideale sommatoria di trentacinque costituiscono l’itinerario sonoro proposto da Verticchio nel corso di “Black Silence”. La prima tappa del suo claustrofobico viaggio attraverso profondità oscure e sinistramente risuonanti è anche quella più maestosa e dotata di snodi compositivi, che si svolgono tra cattedrali di rumore, ronzii e correnti di elettricità statica degne di riconosciuti maestri quali Tim Hecker o Lawrence English, ai quali Verticchio mostra di avere ben poco da invidiare.
L’approccio dell’artista romano è comunque estremamente diretto ed esente da compromessi: lo dimostra appieno il carattere monolitico della sua seconda declinazione del tema portante del lavoro, dall’incedere granitico su iterazioni sferraglianti, pronte a sciogliersi nel soverchiante magma sonoro del movimento finale, nel quale pesanti oscillazioni accompagnano diversi gradi di saturazione dronica.
Al termine del viaggio non c’è luce né ritorno in superficie: solo le frequenze riecheggianti di un silenzio rumoroso, nero come la pece, dal quale le stelle restano distanti, eppure possono ben essere immaginate sulle ali di un suono tanto angoscioso quanto affascinante.