A GRAVE WITH NO NAME – Passover
(Forged Artifacts, 2018)
Giunto a quasi dieci anni di attività alla guida del cangiante progetto A Grave With No Name, al sesto album Alexander Shields ha deciso di spogliare il proprio songwriting di ricercate ambientazioni sonore e delle velleità drone-pop proprie ad esempio del pur valido “Feathers Wet, Under The Moon” (2015), per tornare all’essenza di un’ispirazione quanto mai personale.
Ridotta la formazione base a terzetto, Shields condensa nelle canzoni di “Passover” un diario personale conseguente all’evento della scomparsa della nonna, che diventa lo spunto per universali riflessioni sul ricordo e sull’assenza. L’artista londinese affronta il tema con leggerezza, connettendolo piuttosto a luoghi e sensazioni, incorniciati nelle sue canzoni in atmosfere al tempo stesso palpitanti e sfumate, che non rinunciano ad ambientazioni rese soffuse da una serie di effetti e field recordings. Il dolente lirismo di Shields si svolge così in maniera compiuta tanto in sospensioni di ovattato intimismo (“Hunter”, “Pottery & Porcelain”, “Kitchen”) quanto in compassate progressioni di un classico folk elettrico (“By The Water’s Edge”, “When I Pass Through Here”, “Hot Blood”), che tuttavia non manca mai di combinarsi con una poetica delicatamente riflessiva.
È tutta l’essenza odierna della pratica umbratile di un autentico artigiano delle canzoni, che nella dimensione tematica ed espressiva estremamente personale di “Passover” ha trovato il punto di partenza per rivestirle di un’ispirazione incontaminata e palpitante.
L’ha ripubblicato su macacosres.