STEPHEN’S SHORE – September Love
(Meritorio, 2018)
Non poteva che suggerire agrodolci sensazioni nostalgiche, fin dal titolo e dalla copertina, il primo album degli Stephen’s Shore, band svedese che già aveva fatto drizzare le orecchie degli inguaribili appassionati dell’indie-pop con il suo Ep di debutto “Ocean Blue”.
Non di sola nostalgia, né tanto meno di facili cliché espressivi, vivono tuttavia le dieci agili tracce di “September Love”, che invece trasudano freschezza melodica e rimarchevole varietà di soluzioni sonore. Benché infatti i languori di chitarre jangly innervino tutti i brani della band guidata da Victor Viktor Sjodin, la loro consistenza risulta ora liquida, come in particolare nel saggio di pop strumentale “Alvaret At Night”, ora più tangibile, sotto forma di una grana elettrica lievemente più spessa, scandita dalle vivaci ritmiche di “Ojai” e di “Please Say”.
Il risultato è comunque sempre godibilissimo, mai ripetitivo, in un album oscillante tra malinconici spunti wave (“Gypsy Eyes”) e una galleria di declinazioni mai scontate delle tante sfumature (da quelle uggiosamente british di “Counting Days” al travolgente guitar-pop di “Why?”) di un lessico musicale evidentemente introiettato dai componenti della band svedese con animo da autentici appassionati e restituito con ispirata consapevolezza lungo i solchi di “September Love”, senza dubbio tra le più brillanti proposte indie-pop dall’inizio dell’anno.