TWAIN – Adventure
(Keeled Scales, 2019)
Nel sempre più parcellizzato microcosmo “indie”, sono spesso le connessioni a portare alla luce artisti altrimenti abituati a produzioni marginali. È questo senz’altro il caso di Matthew Davidson, musicista della Virginia giunto al settimo album della sua creatura Twain, ma che deve la sua tardiva emersione dal sottobosco indipendente all’apprezzamento ricevuto da Buck Meek dei Big Thief, che ne ha curato anche le note biografiche di presentazione.
Questa fortunata coincidenza ha senz’altro contribuito a richiamare l’attenzione su quello che in origine era un progetto cantautorale solista di Davidson, in seguito ampliatosi a vera e propria band con l’inserimento di una sezione ritmica e il supporto di una produzione professionale. È questa la veste nella quale Twain si presentano in “Adventure”, lavoro che tuttavia si presenta quale frutto diretto e personale della sensibilità di Davidson, a partire dalla splendida ballata pianistica in lento crescendo armonico per tutti i suoi quasi ott minuti, che apre in maniera significativa il lavoro con toni di vellutata pacatezza.
Nonostante registri più prossimi al folk non manchino di affacciarsi nel corso dell’album (“Working”, “Moving”), si percepisce con chiarezza come gli orizzonti di Davidson siano ben più ampi di quelli della sola tradizione americana, ampliandosi a sfumature di eleganza antica e a un lirismo al tempo stesso confidenziale e vivace (“Longing”), che a tratti si apre a tessiture armoniche irregolari (“Lost Atlantic Dreams”). “Adventure” non brilla dunque affatto di luce riflessa, bensì dell’ispirazione autentica di un artigiano delle canzoni che si lascia scoprire brano dopo brano, regalando spunti di una classe discreta ma ogni volta niente affatto scontata.
music won't save you 