BARZIN
Voyeurs In The Dark
(Monotreme, 2022)*

Il tempo corre in fretta, caro Barzin Hosseini; quanto ne è passato dall’ultima volta?

Sembra un attimo, eppure ben nove anni sono trascorsi da “To Live Alone in That Long Summer”, quarto disco dell’artista canadese che, da allora in poi, si è dedicato alla poesia e alle arti visive, nonostante quasi la metà di quel tempo sia stato da lui impiegato nella scrittura e nell’accurata cesellatura sonora delle canzoni che adesso riempiono l’agile mezz’ora di “Voyeurs In The Dark”.

Mentre l’ormai distante predecessore proseguiva un percorso di sostanziale irrobustimento delle ovattate pennellate intimiste che avevano caratterizzato i primi lavori di Barzin, fin dai brani che lo hanno anticipato “Voyeurs In The Dark” dimostra di voler prendere un’altra direzione, non meno ricercata ma per certi versi spiazzante. Accantonati accenti ritmici pronunciati, bassi pulsanti e lap steel, le canzoni di Barzin sono adesso calate in atmosfere metropolitane notturne e a tratti torbide, dominate da echi sintetici e pulsazioni tenebrose, pienamente coerenti con una poetica che non smette di scandagliare le profondità sotterranea dell’anima, svelandone anche aspetti di scabrosa oscurità.

Il primo approccio a “Voyeurs In The Dark” può in effetti risultare spiazzante, come se l’abituale introspezione di Barzin fosse calata in un contesto in parte artificiale, in controtendenza rispetto alla scarna schiettezza delle sue canzoni. Invece, se si esclude forse soltanto l’incedere claustrofobico di “Watching” e dell’incipit di “It’s Never Too Late to Lose Your Life”, l’intero lavoro rivela temi e caratteri cari all’artista canadese, dalla sensibilità con la quale affronta i sentimenti che dominano i suoi brani a un ripiegamento – in chiave decisamente evoluta – in atmosfere nuovamente immerse in una penombra ovattata eppure percorsa da fremiti di inquietudine.

Degli undici brani in scaletta, ben cinque sono strumentali, dei quali quattro brevi interludi e la più lunga ballata afasica finale “Distant Memories”, ricamata da note pianistiche e avvolta da un velo di synth. Le canzoni tornano invece gradualmente nel solco per il quale Barzin si era fatto apprezzare nei suoi primi tre album, con le sue interpretazioni sommesse a ritrovare consistenza vellutata, immerse in ambientazioni dai contorni indefiniti e dai tempi dilatati, che ne esaltano il naturale lirismo.

La sorpresa iniziale lascia dunque ben presto spazio a una confidenza, più istintivamente poetica che non soltanto sonora, evidenziata in ballate dagli arrangiamenti al tempo stesso raffinati e sinistri, sviluppate con un tocco lieve, che riecheggia le carezze del primo Barzin in particolare nella title track e in “To Be Missed In The End”, fino a rimandare quasi esplicitamente in “I Don’t Want To Sober Up” all’elettronica casalinga dei tempi di “Just More Drugs” e del sotterraneo Ep “Songs For Hinah” (2004).

Dopo anni di silenzio e di lunga elaborazione, “Voyeurs In The Dark” torna dunque a materializzare il mai sopito profilo atmosferico di Barzin, che ne esalta ancora il composito universo interiore, aggiornandolo al suono e alle esperienze maturate in un tempo di prolungata, acuta (auto-)osservazione.

*disco della settimana dal 9 al 15 maggio 2022

http://www.barzinh.com/

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