SPAIN – The Soul Of Spain
(Glitterhouse, 2012)
Fin troppo facile catalogare l’inaspettato nuovo disco degli Spain alla voce “a volte ritornano”: scioltasi nel 2001 dopo il terzo album “I Believe”, la band aveva lasciato (modesto) spazio ai tentativi solisti di Josh Haden (“Devoted”, 2007), ma soprattutto ai rimpianti per un’esperienza breve ma emblematica di un approccio musicale raffinato e poco appariscente, che nell’esordio “The Blue Moods Of Spain” aveva trovato un biglietto da visita in grado di resistere al tempo, in evidente antitesi al furore della musica rock di quel periodo.
Quando appunto il desolato understatement degli Spain sembrava ormai confinato nel cassetto dei ricordi, ecco due anni fa l’inaspettata premessa del ritorno, sotto forma del valido singolo “I’m Still Free”, che oggi viene tramutata in un lavoro sulla lunga distanza dalle undici canzoni raccolte in “The Soul Of Spain”.
Forse perché di “anima” nei suoi brani la band americana ne ha messa sempre parecchia, l’album pare riprendere un discorso mai interrotto, tanto in termini di tematiche quanto di attitudine sonora. Non per questo si tratta di un album “datato”, benché si possa essere facili profeti nel pronosticare che la coerenza stilistica di Haden potrà essere sbrigativamente scambiata per stanca riproposizione di quanto realizzato tre lustri fa. Al contrario, è proprio la presenza di due pezzi dall’inedito nervosismo blues elettrico (“Because Your Love” e soprattutto “Miracle Man”) a suscitare qualche perplessità nell’economia di un lavoro che altrimenti offre per lunghi tratti la confortevole sensazione di ritrovare modalità espressive familiari.
È il caso di ballate narcolettiche come “Falling” e “All I Can Give”, delle tante eleganti melodie di pianoforte che abbracciano il soffuso cantato di Haden in malinconiche atmosfere da camera e soprattutto dei testi, che affrontano con naturalezza gli abituali temi della fede e dell’amore, in qualche caso persino sovrapposti.
La semplicità narrativa e la schiettezza sentimentale sono, ancora una volta, i punti forti della poetica di Haden, ancora capace di colpire al cuore con il romanticismo degli archi e di poche ma sentite parole: “I hear the leaves rustling/ I hear the thunder rolling in/ I hear the fire crackling/ I hear the rain coming in/ But your love came strolling in/ Without a sound” (“Without A Sound”).
Tanto basta per scongiurare le diffidenze che solitamente accompagnano gli ormai frequenti ritorni di band che avevano segnato gli anni Novanta. Quello degli Spain fa storia a sé, in quanto non frutto di volontà autocelebrative, ma naturale seguito di un percorso stilistico giunto senza fretta alcuna a nuova, spontanea maturazione.
(pubblicato su ondarock.it)
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenzae ha commentato: