LOCH LOMOND – Dresses
(Chemikal Underground, 2013)
Fedeli alla recente tendenza delle band (latamente) indie-folk ad ampliare o addirittura trasformare le proprie tavolozze espressive, anche i Loch Lomond di Ritchie Young si presentano al quarto album in dieci anni di onorata attività con un lussureggiante impianto strumentale, comprendente pianoforte, violoncello, vibrafono, dulcimer, banjo e ottoni, completato da una significativa dose di arrangiamenti corali.
A ben vedere, la formula non differisce poi tanto da quella del precedente “Little Me Will Start A Storm” (2011) e dell’Ep “White Dresses”, pubblicato lo scorso anno. Tuttavia, deposte le tentazioni in chiave più rock del predecessore sulla lunga distanza, “Dresses” sviluppa in particolare il lato compositivo e cameristico della band proveniente dalla fiorente scena di Portland, le cui orchestrazioni si rivestono adesso di frizzanti accenti bucolici. Non per questo i Loch Lomond rinunciano a ballate elettriche full-band (“Spray Painted Drums”), né a impennate obliquamente fragorose (“The Wedding”, “Virgin Mountain”), tuttavia confinate a episodi soltanto saltuari in un contesto altrimenti improntato a un romanticismo chamber-folk, che nella prevalente levità degli arrangiamenti e di melodie rifinite da misurati contrappunti corali trovano una cornice placida e sottilmente malinconica.
Se si eccettuano alcune progressioni nelle quali tastiere e organi prendono il centro della scena (“The Wedding” e “Kicking With Your Feet”) e due brevi interludi ambientali, l’album regala pregevoli scorci di chamber-folk acustico, sotto forma delle concise ballate “Tiny Steps” e “Trumpet Song”. In particolare da brani come questi traspare ancora il piglio lirico e vagamente teatrale di Ritchie Young, capace con sempre maggior dimestichezza di unire le sensazioni uggiose della rigogliosa scena folk del Pacific North-West con quelle incontaminate delle Highlands, alle quali rimanda il nome della band e la collocazione geografica della Chemikal Underground, etichetta che per la terza volta ne ospita le manifestazioni.
(versione integrale del testo pubblicato su Rockerilla n. 392, aprile 2013)