hidden_highways_old_hearts_rebornHIDDEN HIGHWAYS – Old Hearts Reborn
(Out On A Limb, 2013)

Quella tra Carol Anne McGowan e Tim V. Smyth non era dunque una collaborazione estemporanea, circoscritta al breve Ep omonimo dello scorso anno che teneva a battesimo la sigla Hidden Highways.

L’immaginario senza tempo condensato nelle quattro tracce di quell’Ep – una sola delle quali tuttavia originale – viene adesso elevato dal duo irlandese a filo conduttore di un album che fin dal titolo e dall’artwork mostra di guardare al passato, senza languori nostalgici ma con l’occhio attento a una tradizione alla quale rifarsi quale identità espressiva e a un’eleganza formale oggi più rara che anacronistica.
Traendo le mosse da tali presupposti, il sodalizio di Smyth e della McGowan non guarda alla musica popolare della propria terra, ma ha introiettato immagini e suggestioni delle radici del country-folk più essenziale e polveroso, che oggi restituisce in dieci scarne ballate costituite quasi unicamente da assolate cadenze acustiche e dall’intreccio delle loro voci.

Il legame con quel mondo scomparso ma ben presente attraverso la sua eredità artistica viene esplicitato nell’omaggio a Townes Vand Zandt, la cover della cui “The Velvet Voices” esalta Smyth in un vellutato crooning, mentre lo stesso brano d’apertura “Empire Of Old” suona quasi come una dichiarazione programmatica, con le sue sonnolente note acustiche in bassa fedeltà sulle quali le voci dialogano come distanti dal microfono. Si direbbe che il duo abbia voluto ricreare anche dal punto di vista della resa sonora soffusamente retrò, tradotte in una serie di brani originali talmente coerenti con l’estetica prescelta da poter essere stati realizzati oggi come alla metà del secolo scorso.

L’operazione è resa pienamente credibile e coerente dall’intima essenzialità delle canzoni del duo, scritte e interpretate in modo tale da far rifulgere le rispettive doti interpretative, con la voce evocativa e sognante della McGowan ad alternare il suo fascino discreto con il calore pastoso di quella di Smyth. L’intreccio o l’avvicendamento tra i due conferisce movimento a un lavoro altrimenti molto omogeneo nel mood e nelle atmosfere da piccolo club fumoso dal palco di legno, sul quale nell’occasione non si susseguono navigati cantori country dall’aura alcoolica, ma due giovani europei, stregati dallo spartano raccoglimento evocato da tali immagini. Così, le timbriche basse di Smyth guidano le più classiche ballate “Do I Want” e “Time To Go Back To Sea”, mentre la dolcezza della McGowan rifinisce con estrema grazia gli spettrali echi dal sottosuolo di “Won’t Be Goin’ Home” e si innalza in armonizzazioni di toccante romanticismo in “Wild Woe”. A un album dalle sfumature così umbratili, le interazioni tra le voci aggiungono poi un’eleganza sommessa che in “The World Began With A Waltz” trova la consacrazione di una danza cristallizzata in tempi andati ma viva e reale nel cuore dei due interpreti.

Quella di “Old Hearts Reborn” non può dunque considerarsi una mera operazione nostalgica circoscritta al recupero superficiale di un’estetica, bensì un omaggio sincero e consapevole a una tradizione perpetuata, oggi come allora, con pochi mezzi, tanto cuore e una buona ispirazione.

http://www.facebook.com/HiddenHighways

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