ULISES CONTI – Atlas
(Flau, 2013)
C’è un legame invisibile tra la calde pennellate pianistiche del compositore argentino Ulises Conti e la raffinata perfezione formale giapponese; è riassumibile nella comune delicatezza nella giustapposizione di note ed elementi che, evidentemente, deve aver richiamato l’attenzione della nipponica Flau sulla pubblicazione dell’ottavo album dell’artista sudamericano.
Quasi ad emblema delle distanze geografiche riassunte dalla musica, “Atlas” propone un ampio compendio di brevi composizioni incentrate sul pianoforte, miniature animate da calore latino e sovente velate da trasparenze diafane. In oltre un’ora di durata, Conti propone una declinazione cinematica e minimale di un neoclassicismo improntato più a ballate dalle cadenze vivaci che ad astrazioni ambientali.
Quando però, soprattutto nella seconda parte del lavoro, ondulati arrangiamenti d’archi espandono il registro del compositore argentino a quello di un camerismo riflessivo e vibrante, il cui contenuto suggestivo ne discosta la proposta da derive new age, distinguendola altresì per calore espressivo da quelle dei compunti e sperimentali artefici della modern classical.