Atlas_12GatefoldREAL ESTATE  – Atlas
(Domino, 2014)

Sarebbe fin troppo facile liquidare il terzo disco dei Real Estate quale semplice frutto di una conseguita maturità da parte della band di Ridgewood, New Jersey, in naturale linea di continuità con il precedente “Days” (2011), che aveva dischiuso loro ampi orizzonti anche in conseguenza dell’approdo su Domino. Eppure, se da un lato le dieci canzoni raccolte nel nuovo “Atlas” non si discostano poi tanto dai toni trasognati e agrodolci del delizioso predecessore, dall’altro non è affatto scontato che per ciò solo debba passare in sordina il processo di affinamento al quale sono state sottoposte soluzioni d’arrangiamento e melodie il cui fluido svolgimento concreta già di per sé una qualità niente affatto scontata.

È un po’ come se la spensieratezza solare di “Days”, seppur attutita da un sottile velo di nubi, avesse lasciato il posto in “Atlas” alle brezze irregolari di una primavera capace di tepori carezzevoli ma anche di folate intrise di frizzante rugiada. La medesima levità impressionistica innerva così un disco non a caso pubblicato al volgere dell’inverno, non ancora destate dai languori della stagione appena trascorsa ma pronte ad aprirsi a orizzonti dai colori più vivaci.

Le melodie della band guidata dalla scrittura e dalle morbide tonalità vocali di Martin Courtney si ammantano così di un dolce torpore, che trasforma in un’aura di sottile psichedelia il predominante jingle jangle di chitarre sempre discrete. Tutto, del resto, è sfumato nelle dieci canzoni di “Atlas”, che scorrono via agili ma non per questo non lasciano tracce di sé: così, mentre il singolo “Talking Backwards” e “Horizon” si accendono di colori vividi e aumentano appena i tempi ritmici e i giri delle chitarre, situandosi all’incirca dalle parti di “Days”, “Past Lives” e “The Bend” ne sublimano la latente nostalgia con scorrevole classe melodica distante dai cliché e ancora “How Might I Live” disvela narcolessie che gettano un ponte tra tradizione cantautorale e Galaxie 500.

Basta dunque soffermarsi appena un po’ sulle raffinate trame di “Atlas” e abbandonarsi all’agile flusso della sua tracklist per essere trasportati senza scossoni in un microcosmo nostalgico, che non è certo da tutti saper dipingere, con pochi tratti dai colori pastello. Nell’odierna frenesia musicale, i Real Estate peccano (se così si può dire) forse solo nel prediligere a formule di impatto immediato una scrittura pop gentile, piacevolmente fuori dal tempo e ormai decisamente consolidata. Altro che album di transizione!

http://talkingbackwards.realestatetheband.com/

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