dal vivo: BARZIN

BARZIN
Roma, Blackmarket
15 maggio 2014

Questo non è un report come gli altri.
Non certo soltanto perché quello con Barzin è un rapporto duraturo che, al di là di qualsiasi rivendicazione di primogenitura, lo ha accompagnato nella sua graduale trasformazione da piccolo culto per soli appassionati di lentezze introspettive alla dimensione di artista apprezzato e riconosciuto almeno in Italia, su una scala ormai crescente. Ogni volta che Barzin passa da queste parti è un’occasione speciale, come un tassello di un comune percorso umano e artistico, scandito dalla sua poetica e dal suo timbro gentile che, sottovoce, rispecchia una sensibilità peculiare, che per essere espressa non necessita di alzare i toni né di ricorrere a soluzioni stravaganti.

È sufficiente una chitarra e il solo accompagnamento della brava Amy Manusov (Milquetoast) per ricreare la magia semplice e schietta delle sue canzoni, in una forma decisamente più spoglia rispetto a quella del recente “To Live Alone In That Long Summer”. Non sembra un caso che l’incipit dell’esibizione dell’artista canadese nel gremito salottino che ospita la rassegna romana “Unplugged In Monti” rimandi alle atmosfere umbratili e solitarie delle origini. La magnifica “Past All Concerns” – tratta dal primo album omonimo e rideclinata in un blues narcolettico ricamato dall’armonica – e “Let’s Go Driving” da “My Life In Rooms” sono già quasi più di quanto il cuore di un innamorato della musica di Barzin possa sopportare: nelle sue canzoni e nel modo in cui le presenta c’è una vibrazione irresistibile che muove dai reni, attraversa il cuore e si materializza nel luccicore degli occhi, adeguatamente temperata dall’impostazione della serata, nella quale le canzoni di Barzin si alternano con quelle della Manusov, suadente ed evocativa nelle sue armonie amplificati da effetti e morbidi riverberi.

Oltre a un (apparente) inedito dedicato ai risvolti più terribili dell’amore e al commosso omaggio a Jason Molina con una toccante interpretazione di “Blue Factory Flame”, resta dunque spazio per appena un paio di canzoni tratte dall’ultimo disco e per qualche altro opportuno recupero dal passato (“Nobody Told Me”, “Won’t You Come”, “Queen Jane” e per l’encore “My Life In Rooms”), che rende ancora più emblematico il legame delle canzoni di Barzin con momenti di vita dei quali le sue stesse parole contribuiscono a mantenere viva e presente la memoria.

Come ha raccontato nell’ultima intervista, Barzin adesso potrebbe dedicarsi in maniera più assidua alla sua attività di poeta (della quale portava con sé testimonianza in un libello), tanto che un nuovo disco è ancora lontano dall’essere intravisto all’orizzonte. Ma si può fin d’ora ben prevedere che, quando dovesse tornare da queste parti, ci saranno nuove storie da legare alle sue canzoni, da far rappresentare dalle sue note e parole.

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