luluc_passerbyLULUC – Passerby
(Sub Pop, 2014)

Da culto sommesso per appassionati di un folk scarno e dalle tinte sfumate alla pubblicazione del loro secondo disco per la prestigiosa Sub Pop: questa la parabola di Zoë Randell e Steve Hassett, australiani evidentemente abituati alla calma e alla lentezza nello stile espressivo e nell’elaborazione della loro musica. Sono stati infatti necessari ben sei anni affinché si concretizzasse il seguito del sotterraneo debutto “Dear Hamlyn”, periodo nel corso del quale la paziente penombra creativa del duo ha incontrato un produttore d’eccezione quale Joe Boyd e i consensi di Aaron Dessner e Matt Berninger di The National.

A dispetto delle maggiori attenzioni che saranno prevedibilmente loro tributate in ragione delle nuove importanti frequentazioni, le dieci nuove canzoni raccolte in “Passerby” non hanno bisogno di padrini, ma brillano di classe propria. È una classe discreta, espressa quasi sottovoce, quella dei Luluc, in prevalenza frutto della combinazione tra le interpretazioni suadenti e soffuse della Randell e fragili strutture acustiche, la cui essenzialità descrive un senso di raccolta quiete e di confidenza tra gli artisti paragonabile forse solo a quello dei primi Mi And L’au. Canzoni come l’iniziale “Small Window”, la title track, “Winter Is Passing” e “Early Night” descrivono alla perfezione modi e tempi del piccolo mondo incantato del duo, avvolto da una serena luce crepuscolare nel cui calore trovare rifugio dai rigori dell’inverno e da quelli del mondo esterno.

Eppure, le esili linee melodiche di “Passerby” appaiono tutt’altro che circoscritte entro il microcosmo creativo dei due Luluc; tendono anzi alla condivisione non soltanto delle storie narrate ma anche di una modalità espressiva già compiuta efficace sotto forma di note e accordi essenziali ma non ad essi interamente circoscritta. Allo stesso modo, le delicate interpretazioni della Randell non si limitano a un registro confidenziale, come avvolto da dolce torpore, dimostrando la propria duttilità anche nel florilegio di trasognato folk di “Without A Face” e nel vivace contesto di “Tangled Heart”, il brano più uptempo del lavoro, con i suoi ricchi arrangiamenti di fiati e il suo crescendo maestoso, frutto più evidente del processo produttivo del lavoro.

Il fulcro della musica di Luluc permane tuttavia sempre nell’incontro della soffice voce di Zoë Randell con il calore delle trame acustiche di Steve Hassett, formula tanto scarna quanto più che sufficiente a creare un universo piccolo e condiviso, da assaporare con la calma e l’attenzione necessarie a una proposta artistica, che non ricerca un’immediatezza roboante, ma colpisce dolcemente con la grazia dei propri umbratili chiaroscuri.


http://www.lulucmusic.com/

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