MAZ O’CONNOR – This Willowed Light
(Wild Sound, 2014)
Se qualcuno fosse ancora animato dal pregiudizio circa l’attualità delle proposte di cantautorato folk, sarebbe sufficiente dare un ascolto al secondo album di Maz O’Connor e magari anche fare una breve rassegna delle prestigiose fonti di informazione generalista che se ne sono occupate. Non è certamente merito esclusivo della duttilità del linguaggio folk nel raccontare storie nuove vivificando codici comunicativi antichi, ma senz’altro delle qualità della cantautrice di Cambridge, peraltro già selezionata per i BBC Folk Awards dello scorso anno.
Lo stile della O’Connor è classico e asciutto e in “This Willowed Light” è applicato a undici ballate, tra le quali figurano anche un paio di tradizionali (“The Singing Of The Ocean” e “Nightcap”), pennellate da interpretazioni sottili e da soluzioni strumentali non confinate, probabilmente anche grazie alla produzione di Jim Moray alla semplice associazione di voce e chitarra o pianoforte.
Eppure, proprio nella prevalente essenzialità dei suoi brani Maz O’Connor condensa la magia della sua voce senza tempo, che getta un ponte tra tradizione folk britannica e suggestioni appalachiane (ad esempio l’apertura “Awake Awake”, “London Lights” e “The Grey Selkie”), senza rinunciare a contaminazioni sorprendenti (la kalimba di “Softly Softly”) e a un registro adulto e raffinato (“Barcelona”). Qui forse, i caratteri della proposta della O’Connor si disperdono su una superficie sonora tanto ampia quanto patinata, che sfocia anche in qualche passaggio upbeat che si discosta dal contesto prevalente dell’album (“Bold Undaunted Youth”).
Di “This Willowed Light” colpisce comunque la naturalezza con la quale Maz O’Connor riesce a porre sul medesimo piano brani originali e tradizionali, le cui differenze scolorano nell’alone atemporale di interpretazioni tanto più efficaci quanto più placidi ed essenziali.