rapoon_song_from_the_end_of_the_worldRAPOON – Song From The End Of The World
(Glacial Movements, 2016)

La fine del mondo evocata dal titolo del lavoro che segna l’ennesima tappa della sconfinata produzione di Robin Storey sotto la sigla Rapoon non è un concetto astratto o fantascientifico, ma qualcosa che viene dalla notte dei tempi ed è rimasto per millenni incapsulato sotto la calotta polare artica. Proprio l’immaginario ghiacciato ha riportato l’artista inglese a pubblicare sull’etichetta romana Glacial Movements, nove anni dopo “Time Frost”, destinandovi un lavoro di plumbea inquietudine ambientale.

Il retaggio post-industriale di Storey si percepisce distintamente nei due monoliti che aprono e chiudono “Song From The End Of The World” e che insieme ne costituiscono circa metà della durata, incapsulata tra la claustrofobia surreale di “We Travelled In Waves” e le cimmerie evanescenze della conclusiva “The Sky Dances In Green”. In mezzo, scorre una torbida ambience sottesa a istantanee granulose (“A Sky Beckons Down”) ed evocazioni allucinate (“A Prophecy Lies Under”), che via via scolorano in soffi arcani, proiettati da una dimensione temporale aliena (“Ancestors Talk In Lands Of Darkness”).

È il ritorno a una declinazione oscura e opprimente dell’immaginario ghiacciato, officiato da Storey all’insegna di una foschi scenari tra scienza e fantascienza.

http://www.rapoon.net/

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