WARM MORNING BROTHERS – A Bunch Of Weeds
(Other Eyes, 2016)
Una piccola scatola di dolcezze, dai colori pastello e dall’estetica elegantemente retrò: così si presenta il quarto album dei fratelli piacentini con il cuore nel Merseyside, che non a caso hanno fatto nuovamente tappa ad Abbey Road prima di registrare nella loro città le undici canzoni che formano “A Bunch Of Weeds”. Sulla scia del precedente “Stolen Beauty” (2013), il nuovo lavoro conferma l’aggraziata sensibilità pop ormai consolidato marchio di fabbrica dell’esperienza Warm Morning Brothers e, con essa, la ricerca di soluzioni d’arrangiamento ricche e allo stesso tempo misurate.
Una dozzina di musicisti – impegnati in prevalenza con fiati, archi, pianoforte e anche con un vecchio Hammond – affianca infatti Andrea e Simone Modicamore nella realizzazione del disco, conferendo alle loro canzoni sfumature di volta in volta diverse, aprendole a suggestioni orchestrali quasi da musical (“Another Rough Goodbye”, ” An Ode To Hella”), che tuttavia non smarriscono una (dis)incantata vena beatlesiana.
Ancora una volta, tuttavia, l’omaggio rispettoso e la spontaneità dell’espressione superano di gran lunga l’emulazione, traducendosi in canzoni velate di agrodolce malinconia (“Frozen Summer”, ” The Boy And The Marlene’s Ghost”), che respirano a pieni polmoni l’aria di strade bagnate da una pioggia giocosamente acida (“The Moon On Your Lips”), senza tralasciare cartoline bucoliche di estatica bellezza (“Cumberland Street”, “Dull Boy”, “Sun On Gold”). In queste ultime, in particolare, riaffiora l’essenzialità dei primi lavori del duo piacentino, che torna a fiorire nella nuova dimensione di un chamber-pop acustico dotato di una grazia gentile fuori dal tempo, o meglio universale per qualsiasi luogo e stagione, proprio come le sensazioni profondamente umane narrate nelle canzoni di “A Bunch Of Weeds”.