JAZZDEFECTOR – Solo
(Whitelabrecs, 2016)
Dodici brevi pièce per le sole corde della chitarra e le loro risonanze in uno spazio sonoro ovattato ma dinamico; questo, in sintesi, il contenuto di “Solo”, opera più recente dell’artista inglese Sebastian Buccheri già segnalatosi per alcune uscite sotto l’alias Jazzdefector.
Come da denominazione prescelta, il jazz rappresenta una delle suggestioni che si ritrovano, sostanzialmente trasformate, nella musica di Buccheri, nell’occasione interamente concentrato sulle timbriche ricavabili dallo stillare di note dalla su chitarra, comprensiva degli echi e delle frequenze da loro prodotte, lasciate aleggiare fino al disperdersi della loro ultima vibrazione, e a volte persino oltre.
I brani, la cui durata media è inferiore ai tre minuti, vivono appunto di brevi stille armoniche e loro propaggini via via più silenti, che delle solitarie elucubrazioni chitarristiche offrono una versione originata da un approccio “classico” (che al jazz affianca la ricerca “ambientale” del rock anni ’70), prima ridotto alla sua essenza più scarna e infine re-immaginato sotto forma delle lente trame di un’ambience sognante e carezzevole, tiepida come i colori di un tramonto autunnale.