THE CARETAKER – Everywhere At The End Of Time
(History Always Favours The Winners, 2016)
Quando ci si trova in presenza di operazioni “hauntologiche”, può sorgere l’interrogativo se il loro oggetto sia il contenuto sonoro o il metatesto concettuale che vi presiede. Nel caso di quelle di Leyland Kirby, i due piani coincidono in maniera sostanziale, stante l’inscindibilità degli elementi che le costituiscono e anche al di là della traccia narrativa legata al ricordo e al suo smarrimento che le caratterizzata.
Allora, di “Everywhere At The End Of Time” si potrebbe raccontare il percorso intellettuale negli insondabili meandri della memoria che svanisce, così come si potrebbe analizzare il contenuto musicale dei nastri d’epoca e delle granulose registrazioni di inizio Novecento che, come già in “An Empty Bliss Beyond This World” (2011), ne costituiscono la base. Invece, l’intersezione tra i due piani sotto forma di brevi frammenti di memorie sonore tratte da un passato remoto, riaffioranti e ripetuti in loop appena filtrati, produce semplicemente una terza dimensione, aliena e allucinata, nella quale passato e presente si confondono in una sequenza di visioni avvolte da una patina progressivamente sempre più sfocata.
Definirle è dunque del tutto superfluo, a fronte dell’essenza stessa della loro rappresentazione, non legata al loro contenuto bensì condizionata dall’individualità della percezione momentanea, il cui perenne divenire non è affatto antitetico alla (im)permanenza del ricordo, bensì la completa in maniera ogni volta diversa.