AYAN DAS – Early Stories
(Stereoscenic, 2017)
Se qualcuno pensasse che il mood contemplativo possa essere allegato soltanto a paesaggi della countryside britannica o ad ampie distese desertiche americane, i sette brani di “Early Stories” rappresenterebbero una recisa smentita, o meglio una conferma che le interazioni acustico-ambientali sono piuttosto originate da una condizione dello spirito tale da trascendere agilmente i propri luoghi d’origine. Ne è autore Ayan Das, musicista indiano che negli ultimi quattro anni ha pubblicato una serie di delicate vignette sonore attraverso la sua pagina Soundcloud, che di recente ha avuto modo di selezionare e finalmente raccogliere in un breve lavoro organico.
In poco più di venti minuti, “Early Stories” offre uno spaccato della sensibilità di Ayan Das, le cui composizioni appaiono il frutto semplice e sospeso di acute osservazioni tratte tanto dall’ambiente circostante quanto dalle sue esperienze e tradotte in un incantevole equilibrio tra suoni acustici e una varietà di modulazioni e riverberi chitarristici. Una serie di delicati arpeggi ricama infatti l’ambience ovattata e sognante di brani quali “Stranger In Their Paths”, “Back To Where We Started” e “Remembrance”, mentre placide decompressioni caratterizzano i paesaggi incantati di “The World As We Knew” e “Floral Avalanche”.
L’artista indiano bilancia così placidi scenari bucolici con gli avviluppanti vapori di un approccio atmosferico che trae tuttavia le mosse dalle calde emissioni di corde acustiche, al più trasfigurate come quelle dell’ukulele suonato con l’archetto di “Movement”, pienamente complementari alla contemplazione di paesaggi interiori di portata autenticamente universale.