SEAN O’HAGAN – Radum Calls, Radum Calls
(Drag City, 2019)
La differenza che intercorre tra un disco solista di Sean O’Hagan e la sua produzione con gli High Llamas non riguarda il mero aspetto della denominazione. “Radum Calls, Radum Calls” è infatti soltanto il secondo album firmato dal solo Sean O’Hagan in quasi trent’anni, visto che l’unico precedente analogo risale al 1990 e si intitolava, di tutta evidenza in maniera non casuale, “High Llamas”…
Ritrovare dunque l’artista irlandese con un lavoro a proprio nome suggerisce dunque l’idea di una ripartenza, a un’età ormai tutt’altro che giovanile, ma sempre guidata dalla sua passione per la musica e in particolare dalle inclinazioni maturate negli ultimi anni. O’Hagan riprende inevitabilmente il proprio percorso dall’ultima tappa effettuata insieme agli High Llamas, dei quali i brani di “Radum Calls, Radum Calls” non manca di riecheggiare una leggerezza orchestrale che unisce un gusto da musical con luminose soluzioni pop sixties. A tutto ciò, si aggiunge una freschezza nell’elaborazione delle soluzioni sonore, acquisita da O’Hagan anche dalla sua attività di produttore di artisti più giovani.
Il risultato è poi condito dall’abituale microcosmo di gentili frammenti ritmici e suoni liquidi, che conferiscono un aspetto rilassato e spesso giocoso agli incastri melodici che formano i brani, proiettandoli in una dimensione piacevolmente indefinita, che brilla di grazia straniante, senza tempo.