the_leisure_society_alone_aboard_the_arkTHE LEISURE SOCIETY – Alone Aboard The Ark
(Full Time Hobby, 2013)

Da quando, nel 2009, anni di lenta maturazione del songwriting di Nick Hemming all’interno del Willkommen Collective avevano finalmente trovato splendida realizzazione in “The Sleeper”, il percorso dei suoi Leisure Society ha subito una decisa accelerazione, coincisa con l’ampliamento dell’originario impianto di folk classico e pop sixties, parallelo a riscontri e attenzioni di pubblico e critica sempre crescenti.
Così, dopo il successo di “Into The Murky Water” (2011), ecco i Leisure Society alla prova del terzo album, cartina di tornasole della collocazione stessa della band tra dolcezze chamber-folk e tentazioni di più pronto impatto pop, che già nel disco precedente accantonavano a tratti la ricca strumentazione acustica di base in favore di una più corposa miscela di chitarre elettriche e tastiere.

Analoga convivenza si ritrova, in generale, anche nelle canzoni di “Alone Aboard The Ark”: l’album trae infatti le mosse da un’accoppiata dall’incedere lieve e brioso, che pare rinnovare l’eredità del Willkommen Collective (“Another Sunday Psalm” e “A Softer Voice Takes Longer Hearing”), e nel corso dei dodici della sua tracklist torna a mostrare saggi di lirismo bucolico intriso di nostalgia, sotto forma di ballate spensierate (“Life Is A Cabriolet”, “We Go Together”) e narrazioni corali da musical (“One Man And His Fug”, “Forever Shall We Wait”), ma anche del dimesso valzer “The Sober Scent Of Paper”, dedicato a Sylvia Plath.

Fin quando il canzoniere di Hemming, che pure qui non eguaglia i momenti più alti della sua ispirazione, percorre le strade a lui più congeniali, il risultato è un gradevole quanto composito affresco di melodie primaverili mentre, come già in “Into The Murky Water”, non vengono coronati da successo i tentativi di irrobustirne le pennellate chamber-folk attraverso nuove vesti sonore. Così, “Fight For Everyone” è una balbettante calligrafia sintetica, mentre pezzi come “All I Have Seen” e “Tearing The Arches Down” puntano senza troppa presa su un più pronunciato spessore di pop elettrico.

Sarebbe troppo facile, a questo punto, accusare i Leisure Society di essere sfociati in un precoce manierismo o addirittura di occhieggiare al mercato tralasciando le proprie origini: “Alone Aboard The Ark” risente certamente dei limiti di una transizione ancora in fieri ma resta comunque frutto di una matura sensibilità tra le più brillanti espresse negli ultimi anni dal folto panorama del rinnovamento folk-pop inglese. Proprio per questo, le aspettative comprensibilmente elevate non devono indurre a enfatizzare le incompiutezze di un’opera, comunque, non aliena da imperfezioni.

http://www.theleisuresociety.co.uk/

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