PAUL MOSLEY – A Chattering Of Birds
(Folkwit, 2013)
Per una volta i field recordings naturalistici non sono parte integrante di composizioni ambientali, bensì ulteriore strumento di un’orchestra deputata ad arricchire la tavolozza di canzoni dal raffinato cuore folk.
È questo il filo conduttore che guida al suo tardivo debutto solista Paul Mosley, musicista e compositore inglese di lunga militanza, in passato attivo con i Moses, che per realizzare “A Chattering Of Birds” si è servito, appunto, di field recordings ornitologici trasposti in ciascuna delle dodici tracce del lavoro accanto a un articolato impianto strumentale, che comprende pianoforte, fiati, arpa, basso e ukulele, le cui intersezioni complesse e talora ardita improntano a tonalità chamber-folk un canzoniere traboccante melodie soffuse e seducenti.
Potrà sembrare strano a fronte della ricchezza degli arrangiamenti scoprire nelle pieghe del disco tracce di un understatement peraltro del tutto coerente con il percorso artistico di Mosley: prova ne siano, ad esempio, l’umbratile armonia pianistica della title track d’apertura e il toccante intimismo drake-iano di “Red Crow”, ove Mosley rivela senza remore i cardini di un’ispirazione che proprio nei contesti strumentali trova ulteriore corollario alla manifestazione della sua personalità.
I frequenti fraseggi tra i fiati e le cadenze ritmiche compassate contornano così interpretazioni vellutate, i cui saltuari accenti da crooner vengono depotenziati da un tono moderatamente teatrale e da acute orchestrazioni, tanto devote alla tradizione britannica quanto ai moderni “trovatori” quali Andrew Bird. Eppure, Mosley ha il raro dono di far sembrare semplici soluzioni complesse e ben poco ortodosse per tanti altri cantautori, peraltro simmetrico a quello di rendere attuale e vitalissima una scrittura pop dotata di un’eleganza estremamente classica.
A conseguire questa difficile alchimia, “A Chattering Of Birds” perviene infatti soprattutto grazie al tocco lieve di Mosley e alla sua sensibilità nel dosare gli elementi di scrittura, interpretazione e orchestrazioni in una equilibrata miscela che ne fa un disco di chamber-folk più ispirato e, a suo modo, geniale ascoltato negli ultimi tempi.
Dopo l’album dei Laish, un’altra piccola gemma nel 2013 targato Folkwit.
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