diamat_being_is_the_sum_of_appearingDIAMAT – Being Is The Sum Of Appearing
(n5md, 2013)

Mentre i suoi port-royal attraversano un periodo di ponderazione al quale corrisponde una sostanziale stasi delle pubblicazioni ininterrotto dagli ormai quattro anni da “Dying In Time”, Attilio Bruzzone si lancia in una nuova avventura collaborativa, frutto dell’amicizia prima ancora che di una deliberata progettazione artistica.
Accanto all’alfiere della band genovese che porta in giro per il mondo il vessillo dell’elettronica made in Italy, a Diamat partecipano Andrea Zangrandi e il greco Christos Garmpidakis (Dergar): insieme al primo è scaturita l’idea di realizzare musica insieme nel corso di un tour russo nel 2011, mentre il secondo è stato ben presto aggregato alla nuova band in nome della duratura amicizia con Bruzzone.

L’impronta dei port-royal è, inevitabilmente, ben presente nelle otto tracce di “Being Is The Sum Of Appearing” e nelle stesse scelte del titolo del disco e del nome del progetto, entrambi connotati da evidenti riferimenti filosofici (Diamat è la contrazione di “materialismo dialettico”). Non per questo, tuttavia, si può pensare a questa nuova esperienza di Bruzzone quale marginale né tanto meno del tutto appiattita sulla sua attività principale; se infatti il lavoro ruota intorno ai cardini di un’elettronica dagli spiccati contenuti emozionali, che spazia da ambientazioni liquide e malinconiche a più pervasive pulsazioni, il contributo degli altri due membri della band, oltre che nella fase elaborativa, si percepisce in alcune delle risonanti texture che conferiscono profondità spaziale ai brani di “Being Is The Sum Of Appearing”.

L’evidente prevalenza delle parti ritmiche, che ad esempio in “Misunderstood Pt. 1” e in “Painkillers” sviluppano le propulsioni idm degli ultimi port-royal, è tuttavia quasi sempre immersa in abbracci sintetici che teorizzano languide evanescenze di viaggi interstellari, mentre nella sola “Shane Vendeil” il battito si fa incalzante, sfociando in scatenata ebrezza minimal-techno. Eppure, accanto a un paio episodi nei quali sinuose spire ambientali affiorano in primo piano (“Heliotrope” e la conclusiva “Hartes Herz”), lungo quasi tutto il lavoro si percepiscono – più o meno carsicamente – gli elementi di un’elettronica dal caldo contenuto umano, che riconduce ancora ad unità l’apparente antinomia tra disimpegno e intensità espressiva.

La trama pulviscolare dell’iniziale “I Can Love You Only If You Don’t Love Me” e l’incedere luminosamente cadenzato di “Misunderstood Pt. 2” recano infatti riconoscibile la firma di Bruzzone, che dal confronto e dall’interazione con i suoi due amici e sodali trae nuova linfa creativa, palesando nel più autonomo contesto i territori artistici, di sempre meno timida inclinazione al ballo, che in questo momento è di suo interesse esplorare. Che dunque non lo si consideri col pregiudizio del side-project, in quanto Diamat mostra basi ben più solide dell’estemporanea occasione dalla quale si è originato.

http://www.facebook.com/diamatmusic

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.