GREAT HORNED OWL – Whistler Bear
(Self Released, 2013)
Ancora belle cartoline folk da Portland: questa volta rappresentano paesaggi sfumati, avvolti da una foschia dal fascino misterioso, e a inviarle è tale Vanderson Langjahr, al secondo disco a nome Great Horned Owl dopo il debutto “We Were Fragile”, risalente alla scorsa estate.
Sulla medesima falsariga di delicatezza espressiva e minimali armonie acustiche si collocano le dodici nuove canzoni raccolte da Langjahr in “Whistler Bear”, frutto di un songwriting timido nei tratti ma frutto di un’evidente consapevolezza dei propri mezzi e finalità espressive. Benché votate a un generale senso di introspezione e a un descrittivismo legato ai luoghi e alle suggestioni della natura, i toni dei brani di “Whistler Bear” appaiono tutt’altro che monocordi, poiché al timbro soffice e discreto di Langjahr – che può in parte evocare quello del Mike Kinsella più confidenziale – funge da adeguato complemento un corredo strumentale non limitato a compassati accordi di chitarra acustica, ma alternamente riassunto in profonde note pianistiche e comunque sovente supportato da parti ritmiche.
A semplici contemplazioni atmosferiche dal passo vagamente narcolettico, come quelle dell’iniziale “Patience, Oregon” e di “After Sunset” che individuano in maniera evidente il mood dolce e dimesso delle canzoni di Langjahr, si susseguono così episodi leggermente più articolati, che si manifestano nel pur languido incedere ritmico di “Forest Fire” ed evolvono persino nella passeggera vivacità di “City Of Lakes”.
Tutto ciò non altera, bensì arricchisce, il profilo impressionista di “Whistler Bear”, album che con semplice naturalezza crea intime ambientazioni invernali, confermando la sensibilità cantautorale di Langjahr, artista dalla personalità davvero meritevole di scoperta, non certo soltanto per le credenziali della sua provenienza.
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