RAUELSSON – Vora
(Sonic Pieces, 2013)
Dalla Spagna a Portland e ritorno: se il percorso fisico di Raúl Pastor Medall descrive un circolo chiuso, non altrettanto può dirsi di quello del suo progetto artistico Rauelsson, che nel primo lavoro successivo al rientro nella terra natale appare invece più aperto e ambizioso che mai.
Nella capitale del folk statunitense l’artista spagnolo era entrato in contatto, tra gli altri, con i fratelli Broderick, partecipando prima alla raccolta “Portland Stories” (2009) curata da Heather e realizzando poi insieme a Peter le due lunghe tracce di “Rèplica” (2011).
La transizione in qualche misura sperimentale già profilata in quel lavoro si completa adesso in “Vora”, disco nel quale Medall abbandona le precedenti vesti cantautorali per rifugiarsi in una solitudine quasi completamente afasica, che lascia al pianoforte il compito di descrivere le sensazioni del ritorno e quelle di una distanza sia spaziale che temporale.
Denso di nostalgie notturne e tiepidi sentori salmastri, “Vora” trae le mosse dal minimalismo di note stillate e armonie sospese ma non per questo si limita a esercizi di stile neoclassici: la tavolozza espressiva di Medall si dimostra invece molto articolata e soprattutto grondante intensità emotiva. Ciò innesta nel corso del lavoro una serie di continue variazioni, anche grazie all’adeguato supporto orchestrale (marimba, arpa, archi, organi e glockenspiel) e a un dosato impiego dell’elettronica, sotto forma di battiti, field recordings e correnti astratte. Così, ad esempio, le note che si rincorrono in “Fluvial” scorrono impetuose prima di innalzarsi in una travolgente apertura orchestrale, mentre inquieti fremiti elettronici puntellano l’incedere cadenzato di “Split”, antitesi solo apparente delle rarefazioni e delle prolungate tensioni degli archi di “Almadrava” e della struggente “Dusk, Gravel, Dawn”.
L’elemento vocale, in forma di spoken word più che di vero e proprio cantato, si affaccia solo nelle due parti di “Hourglass”, nelle quali è proprio una vecchia conoscenza dei tempi di Portland, Laurel Simmons (Maymay), a declamare versi che suggellano il mood sofferto e nostalgico di “Vora”, album di rara grazia e intensità, compreso tra le onde dei due brani che, spingendosi verso territori rarefatti, ne segnano apertura e chiusura (non a caso intitolate “Wave In” e “Wave Out”). Perché il mare può dividere o unire, così come la ritrovata familiarità del proprio luogo d’origine, per Medall, porta con sé la nostalgia dell’abbandono, cristallizzandone i ricordi con un coinvolgimento che trova perfetta corrispondenza nelle sue ispirate partiture per pianoforte.